“Accusare le donne di denunciare violenze non vere è una forma di vittimizzazione secondaria riconducibile agli stessi stereotipi sessisti che fanno sì che le donne non siano credute nelle aule dei tribunali, che la violenza non sia presa in considerazione nei procedimenti per separazione e affido, o che si insinui che siano state le vittime ad aver provocato molestie e stupri. Per questo è gravissima l’affermazione della presidente della CPO del Comune di Padova Luciana Sergiacomi contro la quale ha giustamente preso posizione il Centro Veneto Progetti Donna”.
A dirlo Antonella Veltri, presidente di D.i.Re, rete a cui aderisce il Centro Veneto Progetti Donna, che ha stigmatizzato in un comunicato stampa l’intervento di Luciana Sergiacomi in un webinar intitolato ‘Come affrontare la violenza? Le risposte possibili e l’aspetto legislativo’, durante il quale Sergiacomi ha detto testualmente: “…. molto spesso, ci sono delle donne che a volte fanno delle denunce assolutamente infondate per delle cose che in realtà o non sono vere o non sono così gravi…” .
“È insostenibile che ad alimentare tali stereotipi siano persone che ricoprono incarichi politici quali la presidenza di una Commissione pari opportunità”, prosegue Veltri.
“Alle donne viene imputata continuamente anche la responsabilità di non aver interrotto subito la violenza o di non aver raccolto con cura le prove necessarie a confermare le loro parole, come afferma Sergiacomi nella sua autodifesa sul Corriere del Veneto e sul Gazzettino”, nota ancora Veltri. “La parola delle donne non basta, perché da sempre, nella cultura patriarcale di cui è imbevuta la società, la parola delle donne conta meno”.
“Già il GREVIO ha denunciato con forza l’impatto negativo degli stereotipi sessisti, che minano l’applicazione della Convenzione di Istanbul, come d’altronde conferma l’indagine condotta dalle avvocate di D.i.Re e l’ultimo Rapporto della Commissione femminicidio del Senato”, conclude la presidente di D.i.Re. “Chi ha incarichi istituzionali non può continuare a far finta di niente. Il cambiamento comincia dalle parole che usiamo, tutti e tutte, anche e soprattutto chi presiede una CPO”.