Violenza. Corte di Strasburgo: Italia ancora inadempiente. Confermate le criticità segnalate da D.i.Re

Entro il 31 marzo 2021 le autorità italiane devono fornire al Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa “informazioni sulle misure adottate o previste per garantire un’adeguata ed efficace valutazione e gestione del rischio”. In particolare chiede all’Italia di creare rapidamente un sistema completo di raccolta dati sugli ordini di protezione e fornire dati statistici sul numero di denunce ricevute, i tempi medi di risposta delle autorità, il numero di ordini di protezione attuati.

Per il Comitato dei Ministri, “il sistema italiano ostacola ancora l’accesso alla giustizia delle donne sopravvissute alla violenza domestica, come dimostra l’alto numero di archiviazioni preprocessuali delle denunce”, spiega l’avvocata Titti Carrano, che ha curato il ricorso alla Corte di Strasburgo per il caso Talpis, in cui un uomo nel 2016 ha ucciso il figlio della signora Talpis e ridotto lei in fin di vita, nonostante le precedenti denunce per violenza presentate dalla donna.

La Corte di Strasburgo aveva condannato l’Italia e avviato una procedura di verifica sul sistema antiviolenza italiano, chiedendo al nostro paese di risolvere le criticità che avevano portato alla mancata protezione della donna e di fornire i dati che consentissero di monitorare i progressi dichiarati dal governo.

“I dati forniti dal governo riguardano solo il 2018 e sono stati ritenuti non solo insufficienti, ma allarmanti”, sottolinea Elena Biaggioni, referente del Gruppo avvocate di D.i.Re, che insieme a Titti Carrano ha preparato la memoria, tecnicamente Submission, presentata da D.i.Re al Comitato dei Ministri lo scorso agosto che ha contribuito alla nuova Decisione. “Tutte le azioni e informazioni chieste dal Comitato dei Ministri all’Italia sono le stesse che D.i.Re chiede da tempo e che sono il punto di partenza per il contrasto alla violenza maschile sulle donne”, aggiunge Biaggioni.

“Il Comitato dei Ministri non solo ha valutato il sistema legislativo italiano, ma chiede qualcosa in più in termini di prevenzione in ordine alla diffusione dei centri antiviolenza e alle risorse a loro disposizione”, sottolineano le avvocate.

Per questo “ancora più urgente è la revisione dell’Intesa Stato-Regioni che governa il sistema antiviolenza dal 2014, per fissare chiari criteri minimi per qualificarsi come servizi specializzati per le donne in linea con la Convenzione di Istanbul e rendere l’accesso ai finanziamenti pubblici dipendente dall’adempimento a tali criteri”.

Soddisfatta la presidente di D.i.Re Antonella Veltri: “La risposta inefficace e ritardata delle autorità italiane alle denunce delle donne connessa alla discriminazione nella protezione contro la violenza domestica è quanto denunciamo da anni”, afferma Veltri. “Le richieste rivolte allo Stato – dalla raccolta dati, alla valutazione del rischio, al coinvolgimento dei centri antiviolenza, al contrasto degli stereotipi sessisti – confermano le nostre posizioni. Mi auguro che entro marzo del 2021 il governo italiano sia in grado di dare le risposte che le donne tutte attendono”.

 

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