“Dolore, vicinanza e solidarietà alla mamma del piccolo Daniele ucciso dal padre Davide Paitoni, e rabbia, tanta rabbia, per veder ripetersi lo stesso copione, lo stesso pregiudizio: un uomo, anche se violento con la moglie, anche se violento con i colleghi, anche se ai domiciliari per queste violenze, è sempre e comunque un padre, e ha diritto a esercitare questo ruolo senza che venga fatta una valutazione del rischio, senza assicurarsi che non abbia armi, nemmeno un coltello a serramanico. Può tranquillamente uscire di casa, anche se è ai domiciliari, e tentare di uccidere anche la moglie”.
Per Antonella Veltri, presidente di D.i.Re, “la misura è davvero colma, Matias è stato ucciso dal padre a Cura di Vetralla nello stesso modo appena 6 settimane fa. Chi protegge i bambini e le bambine da questi uomini violenti? Sappiamo bene, dalla morte di Federico Barakat nel 2009, quanto i bambini e le bambine siano a rischio quando una donna cerca di interrompere la violenza separandosi e denunciando il maltrattante, sappiamo che colpire i figli o le figlie è un modo per vendicarsi in eterno sulla partner condannandola a una sofferenza indicibile, eppure niente. Un padre resta un padre, come se non fosse lo stesso uomo violento”.
“Un uomo violento non solo non è un buon padre, ma è pericoloso per i figli, le figlie e per le loro madri, lo ripetiamo da decenni”, afferma Elena Biaggioni, avvocata penalista e referente della Rete avvocate di D.i.Re. “Ma le donne non vengono credute, le loro paure non vengono prese in considerazione, anzi rischiano di essere accusate di essere madri alienanti se cercano di proteggere i loro figli e le loro figlie dai padri violenti”.
“Gli uomini violenti non devono essere mai considerati padri adeguati”, afferma la presidente di D.i.Re, “e non deve essere consentito loro di vedere i bambini”.
“Torniamo a ripetere che non servono nuove leggi, ma un cambiamento radicale nell’applicazione delle misure esistenti”, aggiunge Veltri. “Deve essere fatta sempre una valutazione del rischio, che in presenza di minori deve essere più rigorosa che mai, come fanno i centri antiviolenza con tutte le donne che vi si rivolgono. I centri antiviolenza vanno coinvolti immediatamente dalle forze dell’ordine, e devono essere individuati sulla base delle disposizioni previste dalla Convenzione di Istanbul”.
“Ma soprattutto la violenza maschile contro le donne deve diventare una priorità politica e istituzionale: con risorse economiche adeguate, contingenti di forze dell’ordine adeguati per assicurare il rispetto delle misure di protezione, formazione di tutti coloro che intervengono costante e fatta coinvolgendo le esperte dei centri antiviolenza, perché è nei centri antiviolenza che è stata costruita una analisi del fenomeno della violenza che deve diventare patrimonio condiviso di tutte le istituzioni e orientarne le decisioni per proteggere donne e bambini”, ribadisce la presidente Antonella Veltri.
“E basta anche con le foto del bambino sbattute in prima pagina: è vietato, e il fatto che sia morto non deve essere un lasciapassare per ledere di nuovo la sua dignità”, conclude la presidente di D.i.Re.