“Trovo difficilmente accoglibili le motivazioni per attenuare la pena in ragioni che nulla hanno a che vedere con la relazione tra Lorena Quaranta e il suo assassino adducendo lo stress da pandemia COVID come causa” dichiara Antonella Veltri, presidente D.i.Re – Donne in Rete contro la violenza. “La nostra preoccupazione – come Rete nazionale contro la violenza alle donne – è, nella migliore delle ipotesi, che ci sia una profonda incomprensione di che cosa sia la violenza maschile alle donne anche secondo la Convenzione di Istanbul.” continua Veltri. “La giustizia farà il suo corso e ci auguriamo lo faccia in fretta, ma la motivazione delle attenuanti da COVID per la morte di una donna per mano maschile è un pretesto” conclude Veltri.
Anche chi sul territorio ha deciso di costituirsi parte civile nel processo per il femminicidio di Lorena Quaranta esprime sconcerto nella lettura delle motivazioni di questa sentenza:
“Affermare che ‘il movente è sconosciuto’ significa non riconoscere la gravità del problema, non riconoscere che siamo di fronte all’agire violento di un uomo nei confronti della propria compagna. Si tratta di non riconoscere il significato e la gravità che porta in sé il femminicidio e la lotta per il contrasto alla violenza maschile contro le donne” dichiara Maria Gianquinto, presidente dell’associazione CEDAV di Messina, associata della Rete D.i.Re.