Una norma che dimostra la non conoscenza di un fenomeno strutturale. Benvenuta l’emergenza, ma nei soli casi di rischio

D.i.Re – Donne in Rete contro la violenza esprime preoccupazione di fronte al cosiddetto rafforzamento del Codice Rosso, che – nuovamente – sottovaluta sia i tempi delle donne nei loro percorsi di uscita dalla violenza, sia le indicazioni già espresse dalla stessa Rete D.i.Re e dal GREVIO.

Siamo davanti a un disegno di legge che dà una lettura della violenza maschile alle donne come mero fenomeno emergenziale e rischia di sovraccaricare in modo inefficace ed inutile le procure.

Non sono stati resi pubblici i dati e le informazioni che potrebbero fare luce sul problema a cui questo disegno di legge intende dare risposta.

L’associazione D.i.Re era stata audita a giugno dello scorso anno in Commissione Giustizia in relazione al DDL 2530 che voleva apportare correttivi e migliorie a tutto il sistema sorto con il cd. Codice Rosso, migliorie che restano necessarie. In quella sede, la relazione di accompagnamento del DDL non menzionava alcun problema di recepimento della norma nella parte relativa all’audizione della donna entro i 3 giorni. 

Insistere solo su questo aspetto è fuorviante e mostra una lettura del fenomeno distorta. 

È necessario conoscere il fenomeno della violenza maschile per poterlo affrontare correttamente e per capire che non tutto può essere gestito come emergenza: solo a seguito di un’accurata valutazione del rischio è possibile determinarla e, quindi, agire di conseguenza.

“Continuiamo a constatare tassi di condanna molto bassi nei casi di maltrattamento e violenza contro le donne e non capiamo come questa norma possa migliorare la situazione. L’urgenza di ascolto immediato delle donne deve riguardare esclusivamente i casi a rischio e non tutte le migliaia di donne che cercano di uscire da situazioni di maltrattamento. Quando tutto è emergenza, nulla lo è più davvero” – dichiara la vicepresidente di D.i.Re Elena Biaggioni “Anche tra le indicazioni del GREVIO era indicata come buona prassi quella di non far dipendere tutto dalle testimonianze delle donne: non vediamo scelte in questa direzione – continua Biaggioni. “La violenza, ancora, non è riconosciuta nei Tribunali e non comprendo come questa norma possa perseguire l’obiettivo di un maggior riconoscimento della violenza da parte dei Giudici.” – conclude la vicepresidente.

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