“La decisione del Comune di Terni di affidare il ‘Sistema integrato di servizi di contrasto alla violenza contro le donne’ attraverso una gara d’appalto con il criterio dell’offerta economica più vantaggiosa, con un bando pubblicato il 1° dicembre con scadenza il 21 dicembre, senza tenere in alcun conto la realtà del territorio, ovvero il fatto che dal 2014 il centro antiviolenza LibereTutte è gestito da LiberaMente Donna ETS, segue attualmente i percorsi di 200 donne e ospita nelle case rifugio 5 donne e 9 minori, è di una gravità inaudita”.
Antonella Veltri, presidente di D.i.Re, di cui LiberaMente Donna ETS fa parte, commenta così la decisione dell’associazione umbra di non partecipare alla gara d’appalto del Comune di Terni, annunciata con un comunicato che spiega le ragioni di una scelta “condivisa e sofferta, ma necessaria”.
“Le risorse economiche messe a disposizione dalla gara di appalto, pari a euro 182.119,26, sono insufficienti e inadeguate a quanto necessario per poter garantire la qualità delle strutture, oltretutto in gran parte a carico dell’aggiudicatario, e delle numerose attività collegate – si legge nella dichiarazione di LiberaMente Donna ETS – Risulta inaccettabile il mancato riconoscimento della metodologia della relazione tra donne, la priorità della volontà e dell’autodeterminazione delle donne, aspetti centrali per la definizione del percorso di uscita dalla violenza e per noi tutte presupposti irrinunciabili. La gara di appalto non valorizza la partecipazione delle associazioni femminili e femministe che per prime in Italia hanno aperto, gestito, implementato e potenziato i Centri Antiviolenza e le relative buone prassi che sono riconosciute dalla Convenzione di Istanbul, dall’Intesa Stato-Regioni sui requisiti minimi dei Centri Antiviolenza e delle Casa Rifugio e dalla stessa Legge della Regione Umbria n. 14/2016. Non viene data priorità alla costruzione della consapevolezza e dell’autonomia delle donne, né viene fatto alcun riferimento a previsioni e percorsi necessari alla costruzione della collaborazione tra i soggetti della Rete Antiviolenza Territoriale, volti a prevenire e impedire la vittimizzazione secondaria”.
Senza risposta è rimasta anche la lettera inviata da D.i.Re alla Ministra per le Pari opportunità Elena Bonetti, nella quale si segnalava la gara d’appalto del Comune di Terni, notando come “si continuano a snaturare i centri antiviolenza sostenuti da amministrazioni pubbliche adottando criteri e procedure che non solo non rispettano il dettato della Convezione di Istanbul, ma mettono a rischio la stessa rete locale antiviolenza così come si è andata strutturando in questi anni, grazie anche all’impegno delle associazioni di donne che hanno gestito i centri antiviolenza e le case rifugio del territorio”.
“Tale situazione non riguarda solo l’Umbria, ma anche altri territori che presentano criticità analoghe o specifiche, con il risultato di rendere sempre più discriminatorio l’intervento in tema di prevenzione e contrasto alla violenza maschile contro le donne. Una situazione a macchia di leopardo che rischia di vanificare ogni sforzo fatto nella direzione di un sistema nazionale antiviolenza coerente ed efficace, come è nell’ambizione del nuovo Piano nazionale antiviolenza”, afferma Veltri.
Per questo occorre “accelerare il percorso di revisione dell’Intesa Stato-Regioni del 2014, annunciato dalla ministra Bonetti, come pure la presentazione del Piano operativo che deve dare attuazione concreta al nuovo Piano nazionale antiviolenza, onde evitare situazioni come quella venutasi a creare a Terni”, conclude la presidente di D.i.Re.
“Cercheremo in ogni modo di continuare la nostra azione a fianco delle donne vittime di violenza, per loro e per tutte il nostro impegno resta immutato”, annunciano le operatrici e attiviste di LiberaMente Donna ETS.