Il progetto europeo Switch Off del Dipartimento di Psicologia della Seconda Università degli Studi di Napoli con la partnership dell’associazione nazionale D.i.Re, dell’Università di Cipro e della Lituania, vuole comprendere quali risorse, supporti e strategie devono essere adottate per aiutare gli orfani di femminicidio ad elaborare e superare il trauma e definire linee guida di intervento. Per questo è importante raccogliere le testimonianze, anche a distanza di molti anni, degli adulti che hanno vissuto questa tragica esperienza nell’infanzia.
Coloro che volessero dare un contributo possono contattare i/le referenti del progetto scrivendo a info@switch-off.eu e per avere informazioni sul progetto possono consultare il sito www.switch-off.eu. Sarà garantita riservatezza e anonimato. I risultati di questo studio saranno utilizzati anche per formare gli operatori e operatrici dei servizi sociali, dei tribunali, delle forze dell’ordine e dei professionisti che entrano in contatto con i minori che hanno vissuto questa esperienza traumatica.
“Le testimonianze raccolte fino ad oggi rivelano storie di profonda solitudine, e difficoltà anche pratiche e materiali; – spiega Anna Costanza Baldry, coordinatrice del progetto – è importante uscire dall’ottica dell’emergenza e pensare a progetti di sostegno a lungo termine per i minori che hanno vissuto questa esperienza. Dobbiamo garantire risposte adeguate ai loro bisogni e non dimenticare che spesso sono vittime di uno Stato che non ha avuto la capacità di intervenire efficacemente per impedire il femminicidio”.
Sappiamo che uno sradicamento così violento dagli affetti ha conseguenze gravi: chi subisce questo trauma o addirittura assiste all’uccisione della madre è un soggetto ad alto rischio di disturbo post traumatico cronico, di suicidio, delinquenza, abuso di sostanze, depressione.
In dodici anni, in Italia sono stati circa 1500 gli orfani per femminicidio e non abbiano studi che ci dicano come è stata la loro vita dopo la perdita della madre.