Lo stupro di Rimini, dove un branco di quattro uomini ha assalito e violentato due donne, invece di suscitare reazioni di sdegno è stato occasione di una ulteriore campagna di odio. Intanto verso i presunti stupratori, tuttora latitanti, che secondo i primi riscontri sarebbero stranieri, e poi da parte di un esponente politico salviniano che, nel commentare i fatti, ha invitato allo stupro nei confronti della Presidente Laura Boldrini e delle “donne del Pd”. Noi esprimiamo la nostra solidarietà e vicinanza alla Presidente Boldrini e alle donne del Pd, e condanniamo chi strumentalizza la violazione dei corpi delle donne per criminalizzare i migranti.
Noi ricordiamo a tutti che in Italia gli stupri e i femminicidi sono commessi soprattutto da italiani e non abbiamo alcuna reticenza nel segnalare casi come quello del mediatore culturale che sulla sua bacheca Facebook ha scritto che lo stupro non è poi così diverso da un rapporto sessuale qualunque, e che la donna dopo una iniziale resistenza poi si rilassa e se la gode. È particolarmente grave, poiché la mediazione fra la nostra cultura e quella di altre comunità che scelgono di trasferirsi nel nostro Paese ed accettarne le regole, deve avere come punto cardine il rifiuto netto di ogni forma di violenza contro le donne. I mediatori culturali sono tenuti a conoscere e rispettare le nostre leggi e i valori della convivenza civile proprio perché è loro compito specifico trasmetterli e aiutare altri ad assimilarli e comprenderli. Segnaliamo però anche che, su quella stessa bacheca, molti sono i commenti entusiasti dei maschi italiani.
Siamo di fronte a una impressionante regressione culturale: la radice della violenza sulle donne, matrice di ogni violenza e discriminazione, emerge nuda e visibile a tutti.
Lo stupro, come arma di battaglia politica, come strumento di umiliazione e punizione nei confronti delle donne e in particolare di quelle che oppongono resistenza alla sottomissione e all’invisibilità, di quelle che esercitano autorità e fanno politica. Ma anche lo stupro come barzelletta, proprio perché sottovalutato nelle sue conseguenze umane e penali.
La sottovalutazione della violenza sulle donne, che ha funestato questa estate e devastato le vite di molte donne e spesso dei loro figle/i, è prima di tutto delle istituzioni. Dal Governo non viene una parola di condanna, tacciono gli esponenti politici delle formazioni cui appartiene chi invita allo stupro, tacciono le istituzioni che finanziano la cooperativa che ha assunto un mediatore culturale per cui lo stupro è un rapporto sessuale come un altro.
Le donne dell’Associazione nazionale D.i.Re, attraverso gli 80 Centri antiviolenza aderenti, lavorano da decenni per sostenere le donne che vogliono rompere il “silenzio assordante” intorno alla violenza e a tutte le situazioni culturali di complicità che le mettono a rischio anche delle loro vite, e si aspettano che le istituzioni facciano altrettanto.