Hanno partecipato alla rilevazione 93 centri su un totale di 103.
I centri antiviolenza
Oltre la metà dei centri (56% dei casi) possono contare su almeno una struttura di ospitalità (nel 2018 erano 50).
Quasi tutti i centri (circa il 91%), oltre a fare accoglienza e offrire la possibilità di consulenza legale garantite nel 100% dei casi, offrono consulenza psicologica e percorsi di orientamento al lavoro. In ogni caso, ben oltre la metà di essi sostengono le donne con gruppi di auto-aiuto (65%) e con consulenza genitoriale (58%).
Da segnalare che oramai quasi l’80% dei centri sono in grado di offrire consulenza alle donne immigrate non in regola.
La quasi totalità dei centri (98%) aderisce a una rete territoriale prevalentemente a livello provinciale (45% dei casi).
La maggior parte dei centri della rete (71 su 93) ha la possibilità di beneficiare di finanziamenti pubblici di fonte regionale, oltre la metà di essi (61%) di finanziamenti erogati dai Comuni e il 40% circa può contare su finanziamenti provenienti dal DPO per una media annuale rispettivamente di 38.855 euro, 39.831 euro e 15.742 euro.
I finanziamenti privati costituiscono una fonte per 62 centri ma si tratta di cifre “minori”: mediamente 15.317 euro all’anno.
Le donne supportate dai centri antiviolenza D.i.Re
Nell’anno di riferimento sono state accolte complessivamente 20.432 donne con un incremento, rispetto al 2018 (19.715), di 717 contatti; di questi 14.431 sono donne “nuove” (anno 2018: 15.456).
Le caratteristiche della donna sono consolidate negli anni: nella stragrande maggioranza dei casi sono donne italiane (solo il 26,5% straniere), quasi la metà (48,5%) ha un’età compresa tra i 30 e i 49 anni, una donna su tre è a reddito zero (33,8%) e poco più di una su tre può contare su un reddito sicuro (36%).
Da segnalare che soltanto il 27,8% delle donne accolte decide di avviare un percorso giudiziario.
Gli autori della violenza
L’autore della violenza esercitata sulle donne che si rivolgono ai centri DiRe è prevalentemente italiano (soltanto il 21% ha provenienza straniera): questo dato è consolidato negli anni (con scostamenti non significativi) che mette in discussione lo stereotipo diffuso che vede il fenomeno della violenza maschile contro le donne ridotto a retaggio di universi culturali situati nell’“altrove” dei paesi extraeuropei.
La sua età è compresa prevalentemente (oltre il 46%) nella fascia tra 30 e 59 anni e nel 40% dei casi ha un lavoro stabile.
Le forme della violenza
Le forme di violenza esercitata sulle donne che si rivolgono ai centri sono di varia natura. La più frequente è quella psicologica, violenza subìta dalla grande maggioranza delle donne (79,5%), seguita da quella fisica (60% circa dei casi). La violenza economica viene esercitata su un numero di donne abbastanza elevato (35%) mentre la violenza sessuale e lo stalking riguardano percentuali più basse (15,3% e 14,7%, rispettivamente).
Le statistiche relative all’indicatore sulla relazione del maltrattante con la donna non lasciano dubbi: il maltrattante è quasi sempre il partner (55% dei casi) oppure l’ex partner (quasi il 20%). Questo significa che nel 75% dei casi la violenza viene esercitata da un uomo in relazione con la donna. Se si aggiunge la percentuale dei casi in cui l’autore è un familiare (8,7%) si arriva alla quasi totalità (83,7%). Molto raramente è un conoscente o un collega o un amico e quasi mai un estraneo.
Si tratta, quindi, di violenze agite prevalentemente da persone in forte relazione con la donna, quindi dirette ad esercitare e a mantenere una relazione improntata al controllo e alla sopraffazione sulla partner.
Dalla comparazione con i dati degli anni precedenti, si osservano dati pressoché uguali.
L’aumento della violenza durante il lockdown – Confronto 2019-2020
Durante il primo lockdown imposto tra marzo e maggio 2020, D.i.Re ha condotto una rilevazione statistica sul numero delle donne seguite dai centri antiviolenza, divisa in due periodi.
Dal 2 marzo al 5 aprile le donne che sono state supportate dai centri antiviolenza D.i.Re sono state in tutto 2.983, di cui 836 donne, pari al 28%, che si erano rivolte per la prima volta ai centri antiviolenza D.i.Re in quel periodo, pari al 28 per cento del totale.
Dal 6 aprile al 3 maggio le donne seguite dai centri antiviolenza D.i.Re sono state 2.956 donne in totale, di cui 979 donne “nuove”, pari al 33%, ovvero donne che si erano rivolte ai centri antiviolenza D.i.Re in quel periodo.
Nel 2019 le donne seguite mediamente al mese dai centri antiviolenza D.i.Re sono invece stata 1.695 d cui 1.202, pari al 71%, le donne che si erano rivolte a un centro antiviolenza D.i.Re per la prima volta.
Si nota dunque un aumento generalizzato del numero di donne che hanno avuto bisogno del supporto dei centri antiviolenza, ma tra queste il numero di coloro che si sono rivolte a un centro antiviolenza della rete D.i.Re per la prima volta cala vistosamente, segno che per molte #restiamoacasa ha significato resistere e sopportare la violenza.