Quando si inizierà a smettere di spettacolarizzare la violenza?

La “storia” di Bati sulle pagine de La Stampa è l’esempio peggiore della narrazione.

“A quale bisogno corrisponde dare questa visibilità a uno scritto che non rende rispetto a quella donna e che offende tutte noi? Perché il giornale diretto da Giannini gli ha dato spazio?” chiede Antonella Veltri, Presidente di D.i.Re – Donne in Rete contro la violenza “Chiediamo conto di tutto questo perché è vero che la cultura deve cambiare ma non significa che non si debba mai iniziare. Che si cominci anche da qui.”

Un racconto offensivo e violento quello comparso nelle pagine interne del quotidiano La Stampa, domenica 20 novembre 2022, a pochi giorni dalla Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne.

È il racconto di un uomo che trova spazio nelle colonne di un giornale nazionale, narrando i particolari degli incontri – numerosi – avuti con una delle tre donne vittime di femminicidio a Roma. Incrocia di certo la curiosità pruriginosa di un certo pubblico, anche attraverso l’uso di un linguaggio che – ci siamo stancate di ripetere – è veicolo di una sottocultura che nutre e alimenta la violenza alle donne.

Un racconto che offende tutte per le modalità con cui viene riportata la vita della donna, per la descrizione dell’ambientazione, dei particolari dei tratti fisici della donna e delle abitudini di vita. Ponendosi fuori dalla storia che racconta, assolvendo se stesso, rendendo ineluttabile un dato di cui egli stesso è parte, è complice. 

Proprio il giorno prima, a Verona, si è tenuto l’evento nazionale di D.i.Re La parola delle donne. Uno dei temi riguardava – appunto – la narrazione della violenza da parte dei media e l’estrema necessità di un rapido e deciso cambio di approccio. La pubblicazione di questo articolo fa emergere ancora meglio l’urgenza di un lavoro di cambiamento profondo della cultura che persiste nell’identificare il corpo delle donne come oggetto del piacere, del possesso degli uomini.

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