Antonella Veltri*
Io c’ero.
Molte di noi c’eravamo allora e saremo ancora in piazza il 26 Novembre del 2016 per dire Basta, #NonUnaDiMeno, al continuo, persistente, storico, dominio violento, fino al femminicidio, degli uomini sulle donne.
La Rete Nazionale dei 77 Centri Antiviolenza D.i.Re, l’Unione Donne Italiana e la Rete romana Io Decido hanno chiamato a raccolta le donne in un appello, “per essere unite ed ambiziose e mettere insieme le intelligenze e competenze”, #NonUnaDiMeno, convinte come siamo che si tratta di una lotta che appartiene a tutte, cancella confini e non conosce geografie.
Il 26 novembre è considerata la tappa di un percorso che vuole proporre un Piano Femminista contro la violenza maschile per creare una grande mobilitazione che affermi e allarghi l’autodeterminazione femminile.
Infatti a tutte è dato l’appuntamento il 27 novembre sempre a Roma per la discussione in merito ai temi che saranno al centro dell’agenda politica del movimento nei giorni successivi.
Non sfugge a nessuna il portato e il valore di un ritorno in piazza che attraversa generazioni e storie differenti, percorsi di vita e di scelte politiche che si sono allontanati per poi ritrovarsi su un terreno comune che è quello della rivendicazione del diritto alla non violenza, alla libertà, al rispetto e alla difesa delle conquiste ottenute negli anni.
Appelli, adesioni, gadget, manifesti, simboli, matrioske, video, spot: dal basso sono partite le donne di tutta Italia per accorrere alla manifestazione romana. E’ proprio così che il video, realizzato da D.i.Re, sintetizza, elegantemente e con molta energia, l’invito a partecipare.
Nessuna deve mancare, non una di meno il 26 Novembre a Roma, perché ogni donna “può avere posizioni politiche diverse ma niente deve dividerci di fronte alla nostra libertà e dignità”: così un passo della lettera – appello di adesione e sostegno uscita qualche giorno prima della manifestazione che porta la firma di un centinaio di donne, protagoniste in vari settori dell’economia, della cultura, dello spettacolo.
Consapevoli che la violenza attraversa ogni aspetto dell’esistenza, controlla i corpi e le vite delle donne: in famiglia, sui luoghi di lavoro, a scuola, all’università, per strada, di notte, di giorno, negli ospedali, sui media, sul web le donne che indicono la manifestazione ritengono che la violenza maschile sulle donne può essere affrontata solo con un cambiamento strutturale e culturale radicale.
Un corteo lungo e colorato attraverserà le strade romane con “al margine di noi, come pescatori speranzosi lungo un corso d’acqua, come viandanti affascinati da un prodigio, gli uomini, tanti, di tutte le età e di tutte le classi sociali, di tutte le provenienze e le culture, attratti e intimiditi, non mescolati tra noi come eroi coraggiosi che spiccano fulgidi nella folla vincente delle donne come un fatto di folklore, ma esposti nella loro esclusione, costretti a demarcare la loro alterità dalla violenza dei maschi issando cartelli o mettendoseli sul petto, “Io non sono come gli altri”, “Io non sono cattivo”, come abbiamo dovuto fare noi che un giorno non tanto lontano ci siamo viste costrette a specificare che non siamo “né puttane né madonne ma soltanto e solo donne…” (Befree, Il Paese delle donne, 25 novembre 2007).
“E’ curioso notare come in 10 anni nulla sia cambiato”, questo il commento a margine di un post su Facebook di qualche giorno fa della Presidenta della cooperativa sociale Befree, riproponendo per intero il contributo sul tema dei maschi al corteo.
*Centro antiviolenza Roberta Lanzino, Cosenza