Intervento di saluto della ministra della Giustizia Marta Cartabia al Convegno D.i.Re: “Il (non) riconoscimento della violenza domestica nei tribunali civili e per i minorenni”
22 settembre 2021
Saluto la Presidente dell’Associazione Donne in rete contro la violenza (D.i.Re) Antonella Veltri
Saluto la Ministra Elena Bonetti
Saluto la Senatrice Valeria Valente
Saluto la Garante per l’infanzia e l’adolescenza Carla Garlatti
Saluto tutti gli organizzatori e i presentiVi ringrazio sentitamente per l’invito a intervenire a questo incontro e mi rammarico di non poter essere presente ai vostri lavori. L’agenda parlamentare richiede la mia presenza in Senato proprio mentre inizia questo importante evento. Desidero però almeno cogliere l’occasione per esprimere il mio più sincero apprezzamento verso l’attività instancabile dell’associazione D.i. Re (Donne in rete contro la violenza). La gravità del problema della violenza contro le donne è sotto gli occhi di tutti. Non passa giorno in cui non emergano nuovi e sempre più preoccupanti casi. L’attenzione nel dibattito pubblico e nell’azione politica – grazie anche all’opera di sensibilizzazione della Ministra Bonetti e della Senatrice Valente – è alta. Colgo l’occasione per ringraziare anche loro per il contributo di valore inestimabile che hanno offerto al Governo e al Parlamento anche nella stesura delle riforme del processo civile e del processo penale che, come sapete, contengono norme attente ai problemi della violenza di genere, anche in attuazione della Convenzione di Istanbul. Molto è stato fatto. Molto stiamo continuando a fare. Ma non basta.
In questo contesto, così preoccupante, l’operato dei centri antiviolenza è fondamentale per offrire alle vittime il sostegno professionale essenziale per far conoscere i diritti e le tutele approntate nell’ordinamento sia in sede giurisdizionale, che assistenziale e sociale; e, soprattutto, per fornire il supporto emotivo e psicologico indispensabile a trovare la forza di denunciare. Sapere di poter contare su persone che possano comprendere fino in fondo le difficoltà, le angosce, il dolore, lo smarrimento che affiorano quando si subisce una violenza è più che prezioso.
Grazie, dunque, per questa capillare vicinanza a tutte le troppe donne che subiscono violenza di ogni genere.In secondo luogo, vorrei ringraziarvi per il lavoro di studio e riflessione che state conducendo, tra i cui frutti vi è il Rapporto che raccoglie gli esiti dell’indagine condotta dalle avvocate dei centri antiviolenza in risposta alle sollecitazioni e alle raccomandazioni che il gruppo europeo GREVIO ha rivolto all’Italia, anche in vista del pieno rispetto della Convenzione di Istanbul. Molti sono i motivi di riflessione che la lettura di quel rapporto mi ha offerto, pur nella consapevolezza che – come dichiara il vostro documento – si tratta di una indagine condotta a campione, e che pertanto non si presta a generalizzazioni di tipo statistico.
Fa pensare la tendenza da parte dei tribunali civili e dei tribunali dei minorenni a non riconoscere la violenza domestica, con ripercussioni notevoli sulle procedure di affido dei figli e sulla dichiarazione di decadenza della responsabilità genitoriale.
È una tendenza preoccupante che mi interroga come donna e come madre, oltre che come Ministra della giustizia. Dall’indagine si evince che nella maggior parte dei casi i tribunali civili e per i minorenni non danno il giusto peso ai contesti di violenza, nonostante le denunce, i referti, le misure cautelari emesse in sede penale, declassandola a mera situazione di conflitto.
Difficile e delicato il compito del giudice in questi ambiti. Difficile, delicato eppure indispensabile perché – come si legge in una recente sentenza della sezione famiglia e per i minorenni della Corte d’Appello di Roma – : il superiore interesse del minore non è mai una formula precostituita, ma deve essere sorretto da un adeguato bilanciamento che tenga conto delle situazioni concrete che giungono all’attenzione del giudice”.Per affrontare questi problemi il Ministero della Giustizia sta cercando di fare la sua parte.
Sul versante civile, l’introduzione del Tribunale delle persone, della famiglia e dei minorenni intende restituire omogeneità alle decisioni complesse e delicate che incidono sul tessuto familiare ed in particolare sulla vita dei minori indifesi rispetto alla violenza agita dagli adulti. La prospettiva è stata quella di realizzare, congiuntamente, sia la specializzazione del giudice, sia quella giustizia di prossimità, che in questa materia è irrinunciabile.
Altro punto centrale dell’intervento riformatore riguarda l’attuazione del dialogo tra le diverse autorità procedenti (penale, civile e Tribunale per i minorenni) migliorandone il coordinamento. Si tratta da un lato di rendere operativa ed omogenea sul territorio la previsione di cui all’art. 64 bis disp. att. c.p.p., che riguarda l’obbligo di comunicazione dei provvedimenti emessi in sede penale ad ogni autorità giudiziaria civile investita dei procedimenti in materia di affido; dall’altro lato di ampliare la portata della stessa disposizione, prevedendo che il giudice in sede civile possa a sua volta richiedere all’autorità penale i dati sui procedimenti in corso.
Il Ministero sta verificando con un monitoraggio di recente avviato presso i 224 uffici giudiziari il grado di attuazione di questa norma proprio al fine di mettere in campo interventi volti a rendere sempre più efficace questa comunicazione virtuosa tra autorità procedenti.
Ma c’è un ulteriore aspetto che ritengo meriti grande attenzione e sforzo da parte di tutti, ovvero quello della prevenzione. Sotto tale profilo, ritengo necessaria una formazione adeguata e costante di tutti gli operatori della giustizia sul tema della violenza di genere, quale strumento fondamentale per garantire da parte dello Stato una tutela più qualificata delle vittime nell’ambito dell’intero percorso nel quale si sviluppa la loro presa in carico da parte delle istituzioni. Con questa consapevolezza ho personalmente sensibilizzato la Scuola Superiore della Magistratura al potenziamento dell’offerta formativa nel settore, favorendo l’attivazione di un confronto costante con psicologi forensi, servizi sociali, mediatori familiari o altri esperti coinvolti nel percorso giurisdizionale.
Da ultimo, tenendo contro dell’importanza di un approccio integrato e sinergico da parte di tutti gli operatori, voglio qui ricordare altre due iniziative:
La prima: il Ministero della giustizia partecipa, unitamente ad altre istituzioni, al Tavolo di coordinamento per la costituzione di una rete integrata di assistenza alle vittime di reato con l’obiettivo di creare un sistema organico di assistenza nazionale dalla presa in carico al risarcimento, fornendo un supporto nell’esercizio dei diritti di azione, informazione e proiezione risarcitoria. Nel primo semestre del prossimo anno sarà operativo il portale informativo per le vittime denominato RE AGIRE.
La seconda: condividendo l’obiettivo di realizzare il principio dell’integralità della tutela delle vittime di violenza, il Ministero partecipa all’esperienza della Cabina di Regia diretta dalla Ministra Elena Bonetti per l’attuazione del piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne 2021-2023. La strada da percorrere è certamente lunga. Le leggi sono sì importanti e necessarie, ma da sole non bastano mai a cambiare i costumi, la cultura, lo stile delle relazioni – spesso basate sulla sopraffazione e sul dominio – in cui si radica la violenza di genere. Per questo trovo encomiabile l’impegno dei centri antiviolenza, dediti a sostenere ciascuna donna col proprio vissuto e molto attivi nel sensibilizzare operatori e opinione pubblica su un tema sul quale si misura il grado di civiltà della nostra comunità. Vi ringrazio sentitamente per la vostra opera.Sappiate che anche al Ministero della giustizia troverete sempre una disponibilità all’ascolto e a collaborare in vista del comune e condiviso obiettivo di sradicare ogni germe di cultura di violenza.
La Ministra della Giustizia