Oggi più che mai l’8 marzo è giornata di lotta.
Le libertà delle donne sono messe in pericolo, ogni giorno.
Libertà delle scelte e libertà dei corpi stanno tornando a essere oggetto di attacchi patriarcali e sessisti.
Le proposte di legge e le dichiarazioni di rappresentanti delle istituzioni contro diritti che pensavamo acquisiti e certi devono farci alzare la guardia.
La cultura sessista e misogina ostacola l’applicazione della Convenzione di Istanbul e fa sì che le donne siano giudicate non credibili quando denunciano la violenza subita, di cui sono ritenute responsabili.
Disegni di Legge come quello proposto dal senatore Pillon, mettono a rischio la libertà di tutti, ma fanno correre il rischio di perdere la vita alle donne che vivono una relazione violenta:
- l’obbligo di mediazione rende più complicato interrompere una convivenza, i tempi per arrivare alla separazione si allungano aumentando l’esposizione alla violenza;
- l’obbligo di mediazione impone alla donna di discutere le sue scelte con il maltrattante, cosa che potrebbe risultare fatale: l’esperienza insegna che è proprio quando una donna decide di lasciare l’uomo violento che aumentano i rischi per la sua vita.
Questo disegno di legge è punitivo verso le donne madri e le discrimina:
- il cosiddetto mantenimento diretto presume che ciascun genitore sia nella condizione di dare al figlio pari tenore di vita. Non è così, visto che sono le donne a lasciare il lavoro quando nasce un figlio e sono loro a subire uno stop forzato della carriera, con evidenti conseguenze economiche;
- la donna che denuncia di subire violenza e chiede l’allontanamento di chi la agisce rischia di essere accusata di creare un “pregiudizio ai diritti relazionali del figlio minore e degli altri familiari”. In questo modo si scoraggia qualsiasi iniziativa di richiesta di intervento dell’autorità giudiziaria al fine di uscire dalla violenza.
Anche senza il Ddl Pillon, di cui oltre 153.000 persone stanno chiedendo il ritiro con la petizione lanciata da D.i.Re, l’accesso alla giustizia per le donne vittime di violenza sta diventando sempre più problematico: in ambito civile è sempre più dannosa l’interpretazione della regolamentazione dell’affidamento dei figli e delle figlie nei casi di violenza.
Tutto questo risponde a un contesto politico che presenta la donna come fattrice, ma non libera di scegliere se e quando essere madre. Prova ne è l’attacco alla legge 194 e all’autodeterminazione delle donne.