“Un concentrato di insinuazioni, stereotipi sessisti, giudizi moralistici, colpevolizzazioni per la violenza subita, e giustificazioni del maltrattante in prima serata Tv. Si chiama vittimizzazione secondaria, succede ancora continuamente nelle aule dei tribunali, dove le donne che denunciano la violenza non sono credute”, nota Antonella Veltri, presidente di D.i.Re, Donne in rete contro la violenza. “Ieri questo trattamento è stato imposto a Sonia Bracciale, condannata a 21 anni e 2 mesi di carcere come mandante dell’omicidio del marito che per anni l’ha riempita di botte, umiliata, maltrattata, da Franca Leosini nel suo programma Storie maledette su RAI 3”.
“Da anni i centri antiviolenza subiscono le richieste da parte giornalistica di dare storie delle donne, meglio se le donne stesse, chiedendoci di fare da tramite per raggiungerle”, afferma Manuela Ulivi, presidente di CADMI, Casa di accoglienza delle donne maltrattate di Milano. “Lo scopo è sempre lo stesso: mostrare gli orrori subiti, le miserie vissute, ma con tutte le “precauzioni” del caso: anonimato, volto coperto, voce alterata, finendo per nascondersi loro come se dovessero vergognarsi, o peggio fossero responsabili della violenza subita dagli uomini”.
“La responsabilità ce l’ha anche lei come tutte le donne che non mollano il marito al primo schiaffone, ha detto Leosini ieri sera a Sonia Bracciale”, ricorda Ulivi.
“Al di là dell’incompetenza con cui una giornalista si permette di parlare a una donna che ha subito violenza senza avere una formazione e gli strumenti di base per affrontare un discorso tanto delicato, quanto complesso”, prosegue Ulivi, “ciò che emerge prepotente e insopportabile è l’eterno giudizio verso le donne che non se ne sono andate per tempo dal violento. Neppure quanto vengono ammazzate, si smette di giudicarle”.
“Un programma del genere non sarebbe andato in onda se la RAI applicasse le raccomandazioni del GREVIO, il Gruppo di esperte sulla violenza contro le donne del Consiglio d’Europa, che nel suo Rapporto sull’applicazione della Convenzione di Istanbul in Italia ha segnalato quanto i media continuino a perpetrare stereotipi e pregiudizi nei quali affondano le radici della violenza maschile contro le donne”, conclude Veltri.