Esiste in Italia una vera e propria “piramide dell’odio” di cui le donne sono le prime vittime: stereotipi, sessismo, aggressioni verbali sono tra le più diffuse forme di violenza che continuano a colpire le donne nel nostro paese.

 

I numeri parlano chiaro:

  • il 20% degli italiani pensa che gli uomini siano dirigenti e leader politici migliori delle donne
  • il 49,7% ritiene che l’uomo debba provvedere alle necessità economiche e sia meno adatto ad occuparsi delle faccende domestiche
  • il 34,4% pensa che una madre lavoratrice non possa stabilire un buon rapporto con i figli al pari di una madre che non lavora
  • il 44% delle donne si è trovata nel corso della propria vita a dover rinunciare al lavoro per ragioni familiari contro il 16% degli uomini.  

Questi sono solo alcuni dei dati riportati dal report su odio, intolleranza, xenofobia e razzismo presentato il 20 luglio scorso dalla Commissione “Jo Cox” presieduta dalla Presidente della Camera Laura Boldrini e composta da deputati di ogni gruppo politico italiano, rappresentanti del Consiglio d’Europa, dell’ONU, dell’ISTAT, centri di ricerca e associazioni. Oltre un anno di lavoro, 187 documenti esaminati, 31 soggetti coinvolti hanno permesso di analizzare il livello di tolleranza, conoscenza e comprensione degli italiani su fenomeni come immigrazione, disabilità e parità di genere. Ne emerge una fotografia avvilente che conferma un’ampia diffusione di stereotipi, false rappresentazioni, discriminazione e odio, soprattutto verso le donne.

La discriminazione nel mercato del lavoro rafforza gli stereotipi di genere che operano in famiglia: in ambito lavorativo, il 36,8% delle donne ha subito qualche forma di discriminazione contro il 6% degli uomini e quasi una donna su due (il 44.4%) è stata discriminata durante la ricerca di lavoro (contro il 2,9% degli uomini).

Nessun miglioramento quando si affronta la considerazione e la condizione delle donne nell’analisi del linguaggio violento e di odio. Le donne sono destinatarie di linguaggio violento, di molestie, minacce e ricatti. Sono le principali vittime del discorso d’odio online. Un rapporto della Commissione ONU denuncia che nel mondo tre quarti delle donne che usano internet sono state esposte a qualche forma di cyberviolenza. In Italia le donne sono oggetto del 63% di tutti i tweet negativi.

Il linguaggio violento e discriminatorio assume forme dirette nei confronti delle donne nel contesto lavorativo, dove l’espressione violenta di può concretizzare in ricatti veri e propri. Sono 1 milione e 224mila le donne che hanno subito molestie o ricatti sul posto di lavoro (l’8.5% di tutte le lavoratrici, incluse quelle in cerca di occupazione).

Questi dati si vanno ad aggiungere alle informazioni tristemente note della violenza contro le donne: 6 milioni 788mila donne hanno subito una qualche forma di violenza fisica o sessuale. E, purtroppo, la violenza resta ancora un fenomeno sommerso; poco meno del 90% delle vittime non ha denunciato.

Tutti questi fenomeni sono alimentati dalla rappresentazione delle donne nei media, dalla pubblicità, dagli spettacoli di intrattenimento dove le donne sono spesso presenti solo come corpi – più o meno denudati – da esibire e guardare, o come figure di contorno. Risulta evidente come i media giochino un ruolo fondamentale per poter modificare questa situazione; eppure – ancora oggi – una sola donna è direttrice di un quotidiano nazionale (Il Manifesto), le direttrici dei TG televisivi si contano sulla punta delle dita e così le conduttrici di talk show non di intrattenimento. Non consola scoprire che in questo scenario l’Italia è in buona compagnia con altri Paesi Europei (Germania, Francia, Inghilterra), anche se in questi Paesi la situazione sta migliorando più velocemente rispetto all’Italia dove tutto sembra in stallo.