Le avvocate di D.i.Re criticano il ‘Contratto’ Lega-M5S

Anarkikka su Violenza assistita

Quali avvocate che lavorano con i Centri Antiviolenza
siamo allarmate dai contenuti del “Contratto di governo”
apparso in questi giorni sulla stampa.

Il suddetto “Contratto” desta preoccupazione per il metodo, che sembra proporre un programma di governo preconfezionato, escludendo una più ampia discussione, come prevista dalla Costituzione nel modello parlamentare, metodo che inoltre esclude evidentemente le donne come interlocutrici e come portatrici di diritti fondamentali.

Il “Contratto” è un arretramento su molti temi che nel nostro Paese riguardano la libertà e diritti in generale e delle donne in particolare. Per quanto riguarda lo specifico tema di cui ci occupiamo, osserviamo che le proposte contenute nel contratto sono pericolose per quanto riguarda la tutela delle donne vittime di violenza.

La violenza maschile sulle donne è menzionata solo sul passaggio riferito al diritto penale, in ottica repressiva e securitaria, con richieste di inasprimento pene e di eliminazione del rito abbreviato per i reati più gravi. Ancora una volta scelte emergenziali sulla pelle delle donne: alle donne vittima di violenza non servono inasprimenti di pena, ma essere ascoltate. Servono il riconoscimento della violenza e il rispetto in tutti gli ambiti giudiziari, non essere strumento di campagne securitarie.

Per quanto riguarda invece il diritto di famiglia, sono indicati automatismi che non considerano ipotesi specifiche quali la violenza maschile sulle donne. Colpisce la nostra attenzione il fatto che non si sia tenuta in alcuna considerazione la violenza nei confronti delle donne e dei minori, dimenticando che la Convenzione di Istanbul è vincolante, come da art. 10 della Costituzione, in quanto legge internazionale ratificata dal nostro paese.

In particolare:

1. la proposta mediazione obbligatoria contrasta con la Convenzione di Istanbul, che vieta, nei casi di violenza, la mediazione e/o conciliazione (art. 48) poiché è evidente che chi ha subito violenza non può trattare in termini paritari con chi la violenza l’ha agita. La previsione dell’obbligatorietà della mediazione impedisce inoltre la libertà di accedere alla giustizia e il diritto di ricevere una decisione giudiziale, in contrasto anche con le previsioni della CEDAW.

2. l’imposizione dell’equilibrio tra le figure genitoriali e il principio della bigenitorialità, che è condivisibile in normali condizioni, è inaccettabile nei casi di violenza, in cui si trasforma semplicemente in uno strumento per perpetuare il controllo e la soggezione della donna. I minori che hanno subito violenza diretta o abbiano assistito alla violenza agita dal padre nei confronti della madre hanno necessità di essere tutelati ed ascoltati diversificando la loro relazione con le due figure genitoriali, per evitare che abbiano paura di ritornare presso un padre violento o di subire nuove forme di violenza. L’art. 31 della Convenzione di Istanbul prevede che nello stabilire i diritti di visita e custodia dei figli si debba tener conto della violenza, tutelando anche l’incolumità della madre. Ciò fino al punto di poter dichiarare la decadenza dalla responsabilità genitoriale (art. 45 C.I.) se tale incolumità o la sicurezza della donna non possono essere garantite diversamente.

3. l’ipotesi di normare “l’alienazione parentale” senza tenere conto che questo concetto si presta ad essere strumentalizzato dall’autore della violenza, si pone in totale contrasto con quanto sopra richiamato e con le norme sovranazionali.

Queste forme di banalizzazione e semplificazione si traducono in un attacco alle esistenti norme di tutela delle donne che subiscono violenza e dei lori figli, norme di diritto interno e che ci vincolano anche a livello internazionale.

Ci prepariamo a tenere alta l’attenzione, sul rispetto delle convenzioni internazionali, delle norme di diritto interno e della Costituzione.

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