Leaving Violence. Living Safe (LVLS) è il progetto che D.i.Re – Donne in Rete contro la violenza ha sviluppato, a partire dal 2018, con UNHCR per accogliere in modo adeguato le moltissime donne richiedenti asilo e rifugiate che hanno alle spalle esperienze di violenza multiple. Sono donne e ragazze che si sono sottratte ad abusi e violenze nel loro paese di origine, pensando che emigrare fosse l’unica possibilità per costruirsi una vita su misura dei propri desideri.
Nel corso degli anni, grazie al progetto LVLS sono state accolte dalle operatrici e mediatrici D.i.Re 9019 donne. Un numero significativo, anche in relazione all’innovazione del progetto e all’impatto che i suoi risultati possono avere sulla comunità tutta: le attività di sono estese dalle frontiere a Nord Est del paese sino all’hotspot di Lampedusa, riuscendo a raggiungere in modo efficace per costruire un risultato duraturo le migliaia di donne incontrate.
Per quanto riguarda la condivisione della metodologia di accoglienza, fondamentale per l’efficacia dei percorsi intrapresi dalle donne, nel corso degli anni le operatrici e le mediatrici di D.i.Re hanno formato 661 persone, provenienti da vari soggetti coinvolti, quali operatori e operatrici del sistema di accoglienza per le persone richiedenti o titolari di protezione internazionale, Prefetture (28 quelle coinvolte), servizi socio-sanitari, Enti Locali, ecc.
“Le donne che si allontanano dai loro paesi d’origine rischiano di subire violenza anche durante il viaggio o nel paese destinazione” commenta Mariangela Zanni, consigliera D.i.Re – Donne in Rete contro la violenza. “Questo mette a rischio la loro salute, la loro libertà e a volte la scelta stessa di intraprendere un viaggio. Per questo è fondamentale che fin dai primi momenti in Italia esse possano contare su un’informativa competente e professionale – continua Zanni – affinché siano consapevoli dell’esistenza dei centri antiviolenza come luoghi sicuri dove poter portare il proprio vissuto al di là di quello che è il loro progetto migratorio”. “Questo spazio è garantito dalle operatrici dire in frontiera e dai 106 centri antiviolenza in raccordo con loro su tutto il territorio nazionale” conclude la consigliera.