*Martina Ciccioli
A Ciudad de Mexico dal 9 all’11 novembre 2016 si è tenuto il Terzo Foro internazionale delle donne contro la violenza di genere che ha visto la partecipazione della Rete nazionale dei rifugi, di varie esponenti delle istituzioni messicane e operatrici di centri antiviolenza argentini, peruviani e statunitensi. In qualità di operatrice della Casa delle donne per non subire violenza di Bologna ho partecipato anche io, rappresentando l’Italia e parlando del nostro progetto regionale per l’orientamento e l’accompagnamento al lavoro, destinato a tutte le donne che accedono ai Centri della Regione Emilia Romagna.
Lo scopo dichiarato del Foro era definire lo stato dell’arte delle azioni contro la violenza a danno delle donne e condividere buone pratiche a favore dell’inclusione e del rafforzamento strategico delle stesse vittime di violenza. Tutto ciò nell’ampia cornice dei diritti umani, con l’obiettivo di nominare i successi, le varie prospettive adottate e adottabili e definire le sfide da ingaggiare nell’immediato futuro.
Dalle giornate è emersa la realtà messicana in tutta la sua complessità, una realtà in cui per le donne l’esercizio dei diritti basilari nel quotidiano è particolarmente faticoso: in Messico avvengono poco meno di 7 feminicidi al giorno, è molto diffuso l’incesto a danno delle più piccole, le gravidanze in età preadolescenziale sono diffusissime e segnano negativamente il percorso di molte giovani che spesso decedono durante il parto. Inoltre l’accesso alla casa, alla salute, al lavoro, a un’entrata fissa mostrano la povertà del Paese che è, appunto, femminilizzata.
Questo quadro, ai fini di una comprensione precisa, va inserito nella cornice paradossale di quello che è il Messico, Paese con leggi di genere avanzatissime, ma in cui l’impunità e la corruzione delle alte sfere regnano sovrane. Il 98% dei delitti infatti resta impunito e ciò spiega perché la stragrande maggioranza delle donne vittime di violenza non denuncia.
Ci sono però frange importanti di resistenza e lotta, donne che esigono il diritto all’esercizio dei propri stessi diritti, che si mettono al fianco delle altre donne per sovvertire il paradigma machista, ridurre le disuguaglianze di genere e rafforzare le donne stesse. Ciò in tutta la sua difficoltà, con una società civile che manifesta apatia e leggi che non vengono applicate.
Dal 1999 si è però costituita la Red Nacional de Refugios nata per accogliere le donne e i loro figli e figlie in fuga dalla propria abitazione proprio a causa dei maltrattamenti. Ad oggi la Rete conta 44 rifugi dislocati su tutta la Repubblica messicana; offre ospitalità, accoglienza e ascolto telefonico specializzato, 24 ore su 24,365 giorni l’anno.
Le donne accolte possono contare su una consulenza gratuita e riservata, su assistenza psicologica e ospitalità ai fini protettivi. Ciò allo scopo di sostenere la donna che vuole “rimettersi in piedi” integrando un lavoro di prevenzione, protezione e rafforzamento.
Le donne della Rete sono consapevoli dei risultati raggiunti, ma anche delle enormi sfide che si prospettano perché quotidianamente lavorano in “zone rosse” in “allerta di genere”. Hanno approfittato del Foro per sollecitare le istituzioni ad implementare azioni che rafforzino la loro operatività e per guardarsi in faccia, invitando ciascuna a sviluppare una maggior coscienza femminile e solidaria nella prospettiva di accedere e quindi esercitare quel potere che troppo spesso è loro negato.