I dati dell’ultimo report pubblicato da ISTAT sono chiari: sempre più donne sono uccise nelle relazioni cosiddette affettive. Questo accade mentre il numero totale degli omicidi continua a calare, anno dopo anno.
E mentre nel 2004 le donne venivano uccise quasi in egual misura da partner (o ex partner) e sconosciuti, è impressionante verificare l’incremento delle donne morte ammazzate per mano dei “loro” uomini.
Come è possibile interpretare un fenomeno che pare in contrasto con libertà sempre più rivendicate ed esercitate dalle donne?
Proprio attraverso questa lettura: più le donne rivendicano ed esercitano le loro libertà, più il patriarcato agisce la punizione. Più le donne vogliono essere libere, più vengono uccise da chi vuole controllarle e disumanizzarle.
Osservando i dati attraverso questa lente, risulta immediatamente comprensibile anche l’incremento di femminicidi avvenuto nel primo semestre dello scorso anno, nel semestre in cui abbiamo iniziato a convivere con la pandemia e con il lockdown.
Infatti, secondo il report dell’Istituto Italiano di Statistica, durante i primi sei mesi del 2020 i femminicidi sono stati quasi la metà del totale degli omicidi [il 45%] con un incremento del 10% rispetto all’anno precedente. Il picco si è raggiunto nei due mesi di lockdown più duro – aprile e maggio – durante i quali la percentuale di donne uccise sul totale degli omicidi è stato del 50%.
Un dato colpisce sopra a tutti: il 90% degli assassini erano membri della famiglia e ben il 61% partner o ex partner.
I centri antiviolenza della rete D.i.Re hanno lavorato anche durante il lockdown per garantire alle donne supporto e presenza, ma questo continuo susseguirsi di femminicidi richiede soluzioni sistemiche. Le donne continuano ad essere uccise per mano di uomini con cui hanno relazioni e non sono evidentemente sufficienti le leggi di cui l’Italia dispone: vanno approntati interventi che prevedano anche il rafforzamento dei centri antiviolenza – unici presidi territoriali che offrono alle donne sostegno e accompagnamento.
In una comparazione tra i dati del monitoraggio 2019 – realizzato tra i Centri antiviolenza D.i.Re – rispetto ai periodi marzo/aprile, aprile/maggio e novembre 2020 è confermata la tendenza per cui il numero totale delle donne che si sono rivolte ai Centri D.i.Re è molto più alto rispetto alla media 2019, mentre il numero delle donne “nuove” è inferiore in termini percentuali.
Emerge, tuttavia, un dato relativo al numero di donne che hanno contattato i Centri nel mese di novembre 2020, che registra il 91% in più rispetto alla media del 2019. Molto più alto anche del dato di marzo e di aprile 2020.
Anche attraverso la lettura di questi numeri, appare indispensabile ed urgente affrontare il tema della violenza alle donne da parte delle istituzioni che devono prendersi carico del problema con approcci integrati e di sistema. Le donne devono essere credute e dunque va cambiato l’approccio della giustizia nei confronti delle donne, con le quali le istituzioni devo iniziare a costruire rapporti di fiducia. La violenza, come sappiamo, si regge anche su basi economiche e i dati sulla disoccupazione femminile nel 2020 non possono che creare allarme. Devono essere urgentemente approntate misure per favorire l’occupazione delle donne che si trovano di frequente impossibilitate ad uscire da relazioni violente per ragioni economiche. Aspettiamo di leggere le misure del Recovery Plan per capire a quale futuro andiamo incontro.