D.i.Re – Donne in Rete contro la violenza ravvisa da tempo una deriva pericolosa per le donne nelle politiche dell’antiviolenza in Italia: il tentativo di neutralizzazione delle attività di prevenzione e di contrasto della violenza maschile alle donne.
“Questo è un rischio che si sta concretizzando nei fatti. Sono in continuo aumento i luoghi neutri che – senza un approccio basato sull’esperienza dei centri antiviolenza – stanno accogliendo le donne in situazioni di maltrattamento o violenza” dichiara Antonella Veltri, presidente D.i.Re – Donne in Rete contro la violenza. “Per questo, abbiamo scelto di sottoporre all’attenzione delle istituzioni, che a vario titolo sono coinvolte nel sistema antiviolenza, le nostre osservazioni sull’Intesa Stato Regioni, lo strumento che dovrebbe dettare le condizioni migliori per le donne” continua Veltri. “Lo facciamo a partire dalla competenza e dalla convinzione che alcune posizioni siano deleterie per il reale contrasto alla violenza” conclude la presidente.
Le modifiche annunciate dell’Intesa Stato Regioni del 14 settembre 2022 riguardano più aspetti che rappresentano, secondo l’esperienza di D.i.Re pericolosamente, un arretramento nel percorso di prevenzione e contrasto della violenza maschile alle donne. Infatti, queste modifiche pongono in atto requisiti e modalità volti a marginalizzare e depotenziare il ruolo dei centri antiviolenza che nel tempo, basandosi sull’esperienza diretta nei percorsi di uscita dalla violenza delle donne accolte hanno progettato e realizzato azioni di prevenzione.
In allegato una scheda di sintesi di solo due delle criticità individuate, sulle quali la Rete D.i.Re intende fare chiarezza e che avverte essere minacciose e pericolose: l’una perché allarga la platea dei soggetti abilitati e autorizzati all’accesso di fondi, negando di fatto e neutralizzando formalmente la peculiarità e la specificità dei centri antiviolenza, la loro esperienza e competenza; l’altro per porre l’attenzione sull’obbligo della reperibilità H24 per i centri antiviolenza in completa assenza di un sistema adeguato per affrontare l’emergenza e senza alcun riconoscimento economico del lavoro svolto dalle attiviste operatrici che risulterebbero essere gravate di responsabilità lavorativa senza adeguamento retributivo.
Disponibile QUI la scheda di sintesi.