Luisanna Porcu* intervista Loredana Lipperini, giornalista e scrittrice femminista.
Luisanna Porcu – A parer suo nel nostro paese esiste una volontà politica per aiutare le donne che vogliono uscire dalla spirale di violenza?
Loredana Lipperini- Allo stato delle cose, devo rispondere di no. Mi sembra che fino a oggi la questione della violenza sia stata semmai usata politicamente, così come sono stati usati politicamente i movimenti che hanno rialzato la testa negli ultimi anni. Fino a polverizzarli di nuovo.
LP- Quali sono le azioni su cui si dovrebbe puntare?
LL- Due, in sintesi. Finanziamento e moltiplicazione dei centri antiviolenza, per risolvere le problematiche del presente. E, soprattutto, educazione sessuale e di genere nelle scuole, fin dai primi anni. Su questo secondo punto, in particolare, non esiste alcuna volontà politica ma il solo tentativo di sedare le polemiche delle frange religiose oltranziste.
LP- Le istituzioni, la politica e i media, definiscono le donne che subiscono violenza come “vittime”. Questo è il concetto predominante che “governa” i Centri Antiviolenza istituzionali e i servizi socio-sanitari che a vario titolo si occupano di violenza maschile sulle donne. La pratica femminista che sta alla base del lavoro dei Centri Antiviolenza aderenti all’associazione nazionale D.i.Re parlano di donne in “stato di temporaneo disagio sopravvissute alla violenza maschile”. Cosa ne pensa?
LL- Penso che la cultura della vittima abbia provocato e provochi danni enormi. Penso che i media, anche quando adottano obtorto collo il termine femminicidio, non ci credano davvero e lo facciano come mera concessione. Penso che se non si cambia una cultura intera, non faremo un solo passo avanti.