Paola Tavella* intervista Linda Laura Sabadini, direttore dipartimento per le statistiche sociali dell’ISTAT
Paola Tavella (PT) – Secondo l’indagine Istat il 31,5 % delle donne fra i 16 e i 70 anni residenti in Italia, ha subìto violenza fisica o sessuale almeno una volta nel corso della vita. Si tratta di circa 6 milioni e 788mila donne, una su tre: un dato impressionante.
Linda Laura Sabbadini (LLS) – La violenza sulle donne è un fenomeno diffuso e ampio – spiega a margine della presentazione dell’indagine Linda Laura Sabbadini, capodipartimento per le statistiche sociali e ambientali dell’Istat che ha coordinato la ricerca e studiato i dati –. Le donne nel corso della vita hanno subito molti stupri (il 5,4%, 652 mila donne) e tentati stupri (746 mila donne), milioni di episodi di violenza psicologica e stalking da parte di partner o ex partner. E per di più ben il 62,7% degli stupri e la maggioranza delle violenze fisiche gravi sono commesse da un partner attuale o precedente. Le donne separate o divorziate subiscono violenza sessuale in misura maggiore (51,4% contro 31,5%). Il 10,6 % delle donne subisce violenza prima dei 16 anni, e aumenta anche la percentuale di figli che hanno assistito a episodi di violenza sulla propria madre, dal 60,3% del 2006 al 65,2% rilevato nel 2014: ma ci sono anche dati positivi, la violenza fisica, sessuale e psicologica diminuiscono, cresce la coscienza e la consapevolezza delle donne.
PT – La vostra indagine mostra che gli stupri, i tentati stupri, gli omicidi non scendono affatto. Come interpreta questa costante?
LLS – È vero. Anche la gravità della violenza aumenta. Sono di più le donne che hanno subito ferite e che hanno temuto per la loro vita. E’ possibile che una maggiore libertà e consapevolezza femminile, una aumentata capacità delle donne di reagire e di gestire le situazioni violente possa portare sì a una diminuzione delle violenze, ma anche ad una recrudescenza della violenza maschile laddove è più consolidata. Lo testimoniano anche le vicende più recenti. In alcuni casi le donne sono state uccise perchè volevano chiudere una relazione violenta, oppure perché volevano essere più libere.
PT – Un quadro spaventoso, eppure moltissimo è stato fatto dai Centri Antiviolenza in questi decenni per far emergere la violenza, contrastarla, sostenere le donne che vogliono uscirne.
LLS – Infatti emergono dei segnali positivi. La violenza fisica e sessuale è calata di due punti percentuali. Sono diminuite anche le violenze psicologiche da partner. In entrambi i casi è la violenza meno grave a scendere. Possiamo dire che le donne, soprattutto le più giovani, ma non solo, riescono a prevenire e contrastare meglio la violenza e la percepiscono anche diversamente. Siccome sono le forme meno gravi a scendere, forse accade che in parte le donne la fermano prima, in parte la riconoscono alle avvisaglie iniziali e si sottraggono. Probabilmente è più frequente che le donne riescono a difendersi quando i comportamenti violenti ai loro danni non sono ancora consolidati e protratti nel tempo. Sono di più le donne che riconoscono la violenza come tale: sanno che si tratta di un reato, e come tale lo definiscono, una percentuale che passa dal 18 al 34%. Certo, non è la maggioranza, il percorso è ancora lungo, però sono dati significativi e incoraggianti che fanno ben sperare nella capacità delle donne di uscire dalla violenza se adeguatamente accompagnate e supportate.
PT – A che cosa attribuisce questo cambiamento?
LLS – Al fatto che di violenza si parla di più e che è cresciuta e si è sviluppata la libertà femminile e il modo di percepire le relazioni. La violenza è finalmente uscita dalle mura domestiche. Trasmissioni televisive e telegiornali che raggiungono un vasto pubblico e prima non se ne occupavano ora affrontano queste tematiche. Prima dell’indagine del 2006 c’era invece una cortina di silenzio e la persistenza di stereotipi falsi come quello per cui la violenza era commessa da immigrati nei confronti delle italiane. Ora molte più persone sanno che non è così. Inoltre il clima è cambiato, c’è una condanna sociale verso la violenza maschile. Le donne sono meno sole.
PT – Le donne che si rivolgono ai Centri Antiviolenza sono ancora il 4,9%.
LLS – Cinque anni fa erano il 2,4%, quindi il dato è più che raddoppiato. Stiamo parlando di tantissime donne! Le moltissime attiviste, operatrici, militanti che si sono impegnate con passione e generosità nella loro battaglia contro la violenza possono andare fiere di quello che hanno fatto in questi decenni e dell’aiuto che hanno dato a così tante donne. Penso innanzitutto ai Centri Antiviolenza ma anche alle donne che lavorano nei servizi sanitari pubblici, nelle forze dell’ordine, nei media, in tutte le istituzioni. E’ stato fatto un lavoro fondamentale anche nel riaccendere l’attenzione su questo dramma nelle istituzioni e in tutta la società. Sono soprattutto donne le artefici ma anche uomini. C’è ancora una lunga strada, ma quale migliore terreno per l’innesto di politiche efficaci se non quello in cui cresce la consapevolezza femminile e sociale? Se le donne saranno affiancate con determinazione nel loro percorso di uscita dalla violenza, e se si svilupperanno politiche ad ampio spettro che intacchino gli stereotipi e la cultura di dominio maschile, possiamo sperare veramente in un grande cambiamento.
*Giornalista e scrittrice