Apprendiamo dalla stampa in un articolo dal titolo “Violenza sulle donne, ecco il nuovo piano strategico 2021-2023”, scritto da Simona Rossitto il 05 Novembre 2021, che a distanza di 11 mesi dalla scadenza il nuovo Piano antiviolenza sarebbe pronto.
Sorprende il metodo usato che avrebbe dovuto tenere conto di una condivisione fortemente consigliata anche nel rapporto GREVIO ma certamente auspicabile soprattutto per la presenza dei centri antiviolenza D.i.Re ai tavoli che hanno preceduto la stesura finale.
Consultate ma non ascoltate. Ancora una volta una presenza considerata formale!
I percorsi partecipati prevedono la condivisione di sostanza e il rispetto di regole di metodo che sono state disattese.
Ancora una volta.
Che non si dica che questo Piano sia stato concepito “di concerto con le associazioni”.
Nessun percorso partecipato.
Eppure D.i.Re non ha fatto mancare contributi, idee cercando di rendere efficace, nel rispetto dei trattati internazionali (legge27 giugno 2013, n. 77), il sistema antiviolenza sulla base di una conoscenza dal basso e ricca di esperienza e competenza.
Un solo esempio per rendere esplicito il nostro contributo al miglioramento del sistema antiviolenza: la revisione dei requisiti minimi dei centri antiviolenza, la modifica dell’Intesa Stato – Regione.
Abbiamo lavorato di concerto con il DPO fornendo gli elementi necessari per costruire uno scheletro del sistema più consono ai principi della Convenzione di Istanbul, più adeguato a prevenire e a contrastare la violenza alle donne. Che fine ha fatto il nostro contributo?
E quasi un anno fa abbiamo condiviso con la ministra Bonetti le Proposte strategiche elaborate da D.i.Re insieme a Unhcr per migliorare la risposta del sistema antiviolenza italiano ai bisogni specifici di donne migranti richiedenti asilo e rifugiate.
Si è perso un anno, non recuperabile, che ha visto ancora vive le difficoltà create dalla pandemia e che è stato affrontato con grande spirito di responsabilità dai centri antiviolenza, che hanno continuato ad accogliere le donne e a non far mancare il sostegno e l’accompagnamento fuori dalla violenza.
Il documento di programmazione complementare che conterrà l’elenco delle azioni da realizzare nel triennio 2021-2023, ovvero il piano operativo, se sono vere le nostre ipotesi, verrà presentato simbolicamente in novembre, dunque a fine 2021, bruciando di fatto risorse e interventi di un intero anno!
L’anticipazione giornalistica preannuncia i contenuti del futuro piano il cui ritardo ha penalizzato e continua a tenere in sofferenza i centri antiviolenza, sia in termini di risorse che per quanto riguarda la programmazione e la progettazione futura, fondamentale nella pianificazione delle attività.
Da oltre un trentennio promuoviamo formazioni e progetti volti alla conoscenza del fenomeno, agiamo in rete per decostruire stereotipi che rappresentano la radice della violenza, così come oggi finalmente viene riconosciuto.
Se oggi della violenza si parla e si scrive un riconoscimento va dato al movimento delle donne, da cui D.i.Re ha origine, che ha tolto dal silenzio e dall’omertà il fenomeno.
Manca però questo riconoscimento da parte delle istituzioni che ancora oggi, così come risulta nell’articolo citato, assegnano ai centri antiviolenza unicamente il ruolo di “servizio”, di accompagnamento delle donne fuori dalla violenza.
L’accoglienza alle donne, secondo principi di metodo ben strutturato e navigato, nel rispetto dell’anonimato, della segretezza e dell’autodeterminazione della singola donna accolta, non potrebbe essere efficace se non accompagnata dalla consapevolezza e dall’azione politica su cui ogni centro della rete D.i.Re basa le attività di prevenzione, di animazione territoriale, formazione, progettualità volte al riconoscimento e al superamento del fenomeno.
L’aumento della consapevolezza nel sistema educativo e formativo sulle radici strutturali, cause e conseguenze della violenza alle donne, la promozione della destrutturazione degli stereotipi che sono alla base della violenza vengono riportate, nell’articolo, come priorità di intervento e noi ne siamo ben liete. Ci chiediamo a chi verrebbe assegnato questo oneroso compito di prevenzione, attraverso quali strumenti e con quali criteri verrà effettuata la selezione e la scelta.
Se sono vere le anticipazioni del Piano contenute nell’articolo crediamo si sia persa un’importante occasione di riconoscere ai centri antiviolenza, definiti tali dalla Convenzione di Istanbul, il ruolo centrale del sistema antiviolenza e si sia in triste e pericolosa sintonia con alcuni paesi europei che, con l’intento di occuparsi istituzionalmente della violenza alle donne, hanno finito per assegnare ai centri antiviolenza il ruolo neutro di accoglienza, spesso connesso a situazioni di emergenza.
Ci auguriamo di essere smentite!