Film La Sposa Bambina di Khadija Al Salami

Anna Petrungaro*

Il film La Sposa Bambina è basato su una storia vera, raccontata nel libro, scritto a due mani, da Nojoud Ali e dalla giornalista Delphine Minoui, dal titolo: “Mi chiamo Nojoom, ho 10 anni e voglio il divorzio”. Il libro è un best seller, tradotto in 16 lingue e venduto in 35 paesi. Il film è doppiamente autobiografico. Khadija Al Salami, registra e produttrice yemenita, istruita in Francia e Stati Uniti, al suo esordio al lungometraggio di finzione, scegliendo di raccontare la storia di Nojoom, ripercorre anche la propria esperienza personale di sposa bambina.

Nel film il titolo del libro non viene ripreso. Si è preferito titolarlo La sposa bambina, citando così un altro successo editoriale scritto da Padma Viswanathan di origine indiana. Indigna il fatto che sia l’editore che la stessa autrice e protagonista Nojoom Ali siano stati costretti a ingaggiare battaglie legali per ottenere il riconoscimento dei compensi pattuiti, grazie alle vendite del libro che ha ispirato il film. Tali compensi prevedevano l’acquisto di una casa e il mantenimento agli studi per la ragazza. In base alla legge che lo consente, sono stati interamente prelevati e gestiti dal padre che ha occupato la casa con una nuova moglie, ha sbattuto fuori Nojoom, che non ha continuato gli studi e che vive in miseria presso altri parenti.

Consiglio la visione de La Sposa Bambina, sia perché racconta la storia della più giovane divorziata del mondo, sia perché è la prima pellicola diretta e prodotta da una regista yemenita donna. È la storia di una sposa bambina che riesce a liberarsi dal marito aguzzino, ottenendo il divorzio all’età di 10 anni. Nello Yemen, come in molti altri paesi del mondo, quello dei matrimoni forzati e precoci è un fenomeno ancora oggi molto diffuso e nessuna legge lo vieta.

Dare in moglie le bambine è una pratica frequente nell’Asia meridionale, nell’Africa sub-sahariana e in paesi del medio oriente come lo Yemen. Nojoom, quando venne costretta a sposarsi aveva 9 anni. Il marito (trentunenne), secondo la legge yemenita avrebbe dovuto attendere l’età delle prime mestruazioni per consumare il matrimonio, ma la stuprò la notte stessa delle nozze e anche i suoi parenti la sottoposero a maltrattamenti di ogni tipo. Oggi dichiara “non mi sposerò più, mai, mai, mai più”. Due mesi dopo il matrimonio Nojoom riuscì a fuggire, per recarsi al tribunale della capitale Sana’a, e a farsi ascoltare da una avvocatessa che accettò di difenderla gratis. “Non credevo ai miei occhi”, racconta, nel libro, l’avvocatessa Shada Nasser, che si occupa di tutela dei diritti umani. Quando chiese a Nojoom perché volesse divorziare, lei rispose: “Perché odio la notte”.

Nel mondo sono più di 700 milioni le giovani donne sposate prima dei 18 anni. Nella sola Nigeria, ad es., secondo i dati Unicef, le spose bambine sono 23 milioni. Le Nazioni Unite parlano di 70.000, vittime ogni anno di lesioni ed emorragie interne. Si tratta di bambine di 8-10 anni che non hanno un corpo pronto per i rapporti sessuali. È una tragedia immane che si configura a pieno titolo, come uno stupro combinato, prima che come un matrimonio combinato. Nonostante i toni didascalici e un doppiaggio, la cui enfasi non rende merito all’espressività della lingua originale, il film è contraddistinto da una bella fotografia, che riprende paesaggi aspri e desolati, costellati da borghi dalle fiabesche architetture, e costumi tradizionali.

La piccola Nojoom è interpretata con una naturalezza intensa e priva di retorica che la rende amabile e credibile. La violenza viene contestualizzata in una cornice di ignoranza e rispetto delle tradizioni non scritte, che, in un certo senso, vittimizzano gli stessi autori, seppur condannandoli. Il film ha un valore più che artistico, politico. È un’opera di impegno civile che informa su questa pratica atroce e ripugnante e la condanna. È un appello, agli spettatori yemeniti e del resto del mondo a considerare e sostenere un cambiamento profondo nella cultura, nella legislazione e nelle relazioni fra uomini e donne nello Yemen, come in tutti quegli altri paesi del mondo dove simili pratiche sono tutt’oggi attuate, tollerate e incontrastate.

*Centro contro la violenza alle donne Roberta Lanzino, Cosenza

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