Se la risposta delle istituzioni alla violenza contro le donne è lo sgombero di un presidio di aiuto e ascolto come il centro antiviolenza “Donatella Colasanti e Rosaria Lopez” di Roma che dal 1997 opera a sostegno delle donne vittime di abusi, violenza e maltrattamenti, allora c’è veramente da chiedersi di quanta e quale ipocrisia tali istituzioni siano capaci nell’attuare e sostenere le politiche di contrasto alla violenza maschile contro le donne.
Il rischio che il 30 luglio il Centro antiviolenza sia sgomberato – a causa di un contenzioso tra Comune di Roma e Regione Lazio sull’uso dei locali che lo ospitano – mette a repentaglio non solo l’esistenza di un Centro che, in vent’anni di attività, ha ospitato e sostenuto circa 10.000 donne, ma anche l’intero sistema dei centri antiviolenza romani.
“Si tratta di una vicenda di una gravità inaudita, inaccettabile, indegna di un paese civile – dichiara Titti Carrano, presidente dell’Associazione D.i.Re – che fa pensare che tante dichiarazioni di cordoglio e esecrazione per il feroce femminicidio della giovane Sara, non siano altro che vuote parole se non colpevoli bugie. I 75 centri antiviolenza della Rete D.i.Re – prosegue Carrano – esprimono solidarietà incondizionata alla Cooperativa Be Free, che gestisce il Centro Antiviolenza Donatella Colasanti e Rosaria Lopez, alla sua presidente Oria Gargano e agli altri enti gestori dei centri antiviolenza del Comune di Roma e, insieme a loro, chiediamo ai/alle candidati/sindaco di prendere immediatamente parola su questa gravissima vicenda”.
“Nel giorno in cui si celebrano i 70 anni del suffragio universale – conclude Carrano – non vorremmo essere costrette a pensare che, per le donne, il diritto di vivere senza subire violenze non sia ancora stato ancora sancito”.