Dichiarazione di Antonella Veltri, presidente di D.i.Re
L’ennesimo femminicidio del 2021 ripropone il solito schema: una donna subisce violenza dal partner, denuncia i maltrattamenti subiti, le forze dell’ordine intervengono addirittura sul posto e il partner ammette le violenze. Ma non succede niente.
Nonostante il Codice rosso preveda che il magistrato ascolti la donna dopo 3 giorni. Nonostante sia evidente – per lo meno a chi lavora nei centri antiviolenza – che la cosa da fare è attivare immediatamente le misure di protezione. Che esistono. Sulla carta.
Ancora una volta torniamo a ripetere che le leggi ci sono, che si sta anche facendo uno sforzo per migliorarle, ma che il problema resta invariato: perché chi le deve applicare non sempre lo fa.
È venuto il momento per le istituzioni di assumersi la responsabilità per queste morti annunciate, per aver trattato con sufficienza le donne che denunciano la violenza, per non aver loro creduto, per non aver agito con la necessaria tempestività.
Già una volta l’Italia è stata condannata dalla Corte europea dei diritti umani – nel caso Talpis, per il quale è ancora aperta la procedura di sorveglianza rafforzata dell’Italia da parte del Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa – proprio per non aver agito a tutela di Elisaveta Talpis, che aveva denunciato più volte le violenze del suo partner. Ma niente era stato fatto, e lui l’ha ridotta in fin di vita e ha ucciso il figlio che lei aveva avuto dal primo matrimonio, accorso in sua difesa.
Non crediamo servano nuovi dispositivi. Quello che serve alle donne è essere ascoltate e credute dalle forze dell’ordine, è essere tutelate nei tribunali dove, spesso, subiscono ulteriore violenza. Con questo femminicidio, quello che salta agli occhi e ci indigna è ancora una volta la colpevole inazione delle istituzioni. Chiediamo di essere ascoltate, finalmente.
Chiediamo che le istituzioni smettano di fare proclami, di elencare fantasiose misure di protezione. Chiediamo che, invece, si facciano garanti dell’applicazione delle leggi esistenti, delle misure di protezione, che – ormai lo sappiamo bene – possono salvare la vita alle donne che denunciano.
E chiediamo che, mentre queste leggi vengono applicate, si realizzi un imponente piano di formazione per tutte e tutti coloro che hanno a che fare con la vita delle donne che vivono in situazioni di violenza. Una formazione che coinvolga i centri antiviolenza che da più di 30 affrontano la violenza maschile sulle donne e che sanno come contrastarla.