Due donne uccise in 24 ore da uomini che vogliono il controllo totale sulle loro vite fino a commettere il crimine più grave: la loro uccisione.

Non possiamo più sentire frasi di circostanza o i soliti consigli alle donne su come difendersi.

Quando si inizierà ad affrontare il problema correttamente? Trattandolo per quello che è: un fenomeno strutturale, radicato nella cultura maschilista patriarcale che vuole mantenere le donne in una condizione di subalternità, paura e sottomissione. Fino a quando non saranno previsti e attuati programmi e misure di vera prevenzione, dovremo continuare a contare. Come attiviste di centri antiviolenza affianchiamo le donne nei loro percorsi di uscita dalla violenza e per attivare programmi di prevenzione, ma  serve anche un approccio sistemico da parte dello Stato, così come dovrebbe essere e come espresso molto chiaramente nelle Osservazioni conclusive sull’ottavo rapporto dell’Italia sulla Convenzione per l’Eliminazione delle Discriminazioni contro le Donne (CEDAW).

Continueremo a contare e a provare dolore misto a rabbia se le uniche azioni agite sul tema della violenza maschile alle donne sono solo quelle dei centri antiviolenza, sia per quanto riguarda la prevenzione che il contrasto” dichiara Antonella Veltri, presidente D.i.Re – Donne in Rete contro la violenza. “Leggiamo, ogni volta, commenti e narrazioni che mettono al centro la donna, cercando di capire come avrebbe potuto salvarsi per sottrarsi alla morte provocata dall’uomo” continua Veltri. “E perché ancora una volta si interviene a reato già avvenuto e non si è mai partiti con una seria e strutturata campagna di formazione e di educazione? Perché prevenire la violenza alle donne significa evitare i femminicidi e non basta la propaganda e i proclami di questo governo. Serve altro, ben altro. Quando?” conclude la presidente.

“All’ennesimo femminicidio siamo ancora qui a chiederci che fine hanno fatto le parole di chi, all’indomani dell’uccisione di Giulia Cecchettin, ha promesso un cambiamento culturale” dichiara Mariangela Zanni, consigliera nazionale D.i.Re. “I 40 milioni annunciati con legge di bilancio non sono ancora stati ripartiti e non sappiamo quando e se arriveranno ai centri” continua Zanni. “Noi operiamo affrontando un’impennata di richieste di aiuto, ma alle stesse condizioni di sempre. Il programma del ministero dell’Istruzione per i percorsi nelle scuole non ci ha coinvolte, non abbiamo un piano nazionale antiviolenza scaduto l’anno scorso. Pensiamo che da tempo sia necessario un cambio di passo, che ancora non abbiamo visto” conclude la consigliera.

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