Ddl femminicidio: riconosciuto nel codice, non eradicato dalla realtà.

L’introduzione della fattispecie di reato e il riconoscimento giuridico del reato di femminicidio non ci tranquillizza e credo che, solo attraverso il presupposto del riconoscimento delle fondamenta del reato, ovvero della esistenza delle discriminazioni di genere, si possa pensare all’efficacia dell’intervento” dichiara Antonella Veltri, presidente D.i.Re – Donne in Rete contro la violenza. “Non ci aspettiamo un calo del numero dei femminicidio, perché – lo abbiamo detto e lo ribadiamo – non è con pene severe o più severe che si afferma il diritto delle donne di vivere una vita libera dalla violenza” continua Veltri. “Importante il riconoscimento della necessità di una formazione specifica, ma cambiare rotta significa anche riconoscere concretamente la necessità di investimenti economici adeguati a cambiare la cultura di un paese che a colpi di pene e di suoi innalzamenti non risponde al diritto di libertà dalla violenza delle donne” conclude la presidente.

D.i.Re – Donne in Rete contro la violenza, pur trovando alcuni elementi positivi del testo del ddl come – finalmente – la formazione obbligatoria, constata – nuovamente – che l’articolazione delle proposte arriva prima (e senza) un vero confronto con chi lavora quotidianamente su questi temi. Oltre al reato di femminicidio, viene introdotta un’aggravante specifica di discriminazione per tutti i reati espressione di violenza alle donne. Sarà interessante vedere come funziona: se verrà approvato, le avvocate dei centri antiviolenza ne monitoreranno l’effettiva efficacia.

I centri antiviolenza della Rete D.i.Re sono pronti a contribuire al dibattito parlamentare per portare l’esperienza di chi ha svelato per la prima volta in Italia l’esistenza della violenza maschile contro le donne, un fenomeno di cui il femminicidio è l’ultima conseguenza di tante mancate prese di posizione e attenzione al fenomeno.

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