7 luglio 2022. L’Associazione nazionale D.i.Re – Donne in Rete contro la violenza ha deciso di revocare la costituzione di parte civile nei confronti di S.B, all’epoca dei fatti fidanzata dell’imputato, coimputata nel processo ad Alberto Genovese, l’ex imprenditore del web, accusato di violenza sessuale aggravata dall’uso di sostanze stupefacenti, lesioni e cessione di droga. Francesca Garisto, penalista che rappresenta D.i.Re nel procedimento, ha ascoltato le dichiarazioni della donna nella scorsa udienza. La complessità della violenza maschile alle donne e le infinite implicazioni nelle relazioni caratterizzate dalla violenza non sono immediatamente comprensibili e non sono quindi sempre palesi. “Assisto e affianco le donne vittime di violenza maschile da 30 anni, e riconosco una relazione pericolosa per la donna quando la ascolto” ha dichiarato Francesca Garisto.
Oggi, la Procura di Milano ha chiesto una condanna a 8 anni di reclusione e 80mila euro di multa per Alberto Genovese. Le violenze emerse nel procedimento sono inaudite, agite in un contesto di spietata oggettivazione di giovanissime donne, usate, attratte con l’offerta di droga, feste e vacanze, trattate come strumenti per la conferma del proprio potere da parte di chi – come emerge dagli atti – afferma di volere “donne stupide e giovani” per usarle come oggetti privandole di umanità e identità. “Tutto quello che ha riferito Alberto Genovese durante gli interrogatori e durante l’udienza forma un racconto che restituisce l’immagine di un uomo orientato esclusivamente a se stesso, al suo ego e alla commiserazione di sé – afferma Francesca Garisto. “Genovese ha raccontato di quanto e come la droga lo abbia ridotto ad una larva, di quanto gli amici si approfittassero di lui per ottenere vantaggi, di quanto fosse privo di relazioni umane autentiche ma non ha rivolto un pensiero di comprensione, di pietas umana, per le giovani donne abusate. Per Alberto Genovese – conclude Garisto – l’intervento della polizia è stato provvidenziale perché lo ha salvato da danni irreparabili alla sua salute e probabilmente dalla morte dato l’ingente quantitativo di droga che assumeva ogni giorno di più, senza dire mai, e sottolineo mai, una parola su quante giovani donne sono state salvate grazie al suo arresto”.
“Quello che emerge da questo processo è sconfortante. Una visione della donna, che ancora rappresenta l’immagine femminile che i centri antiviolenza della Rete nazionale contrastano quotidianamente, immagine che svilisce le donne come D.i.Re ricorda ogni giorno. Saremo al fianco delle donne e delle nostre avvocate che le assistono nelle battaglie giudiziarie per sostenere, anche nelle aule di giustizia, un pensiero rivolto alle donne, senza pregiudizi e stereotipi. Come Rete nazionale, perseguiamo i nostri obiettivi con le 83 organizzazioni e le attiviste che lavorano quotidianamente per scardinare questa cultura patriarcale” dichiara Antonella Veltri, Presidente D.i.Re.