D.i.Re aI fianco dei centri antiviolenza in tribunale per il riconoscimento della violenza contro le donne

D.i.Re – Donne in Rete contro la violenza – si è costituita parte civile nel processo penale per il femminicidio di Nicoleta Rotaru, al fianco del Centro Veneto Progetti Donna, di Padova.  La donna è stata considerata per quasi un anno vittima di suicidio, fino a quando sono emersi gli elementi che hanno portato all’imputazione dell’ex marito, Erik Zorzi, accusato del femminicidio e di aver inscenato il suicidio della moglie.

La costituzione di parte civile – presentata per entrambe le associazioni dall’avvocata Aurora D’agostino – si basa proprio sul fatto che le condotte contestate all’imputato siano immediatamente lesive dei valori e delle finalità di cui D.i.Re da anni è portatrice e la cui tutela rappresenta una delle finalità primarie.

Le condotte violente dell’imputato nei confronti della moglie (che, come affermato dalla stessa ordinanza di custodia cautelare in carcere, appaiono solo parzialmente contestate, limitatamente all’evento finale – l’uccisione della donna) sono consistite in ripetuti maltrattamenti (fisici e non), in presenza delle due figlie minori e persino nei confronti delle bambine, maltrattamenti culminati nell’evento dello strangolamento della moglie nella notte tra il 1 ed il 2 agosto 2023, dopo una nottata di insulti e minacce pesantissimi, proseguiti persino nel corso dell’uccisione; ed infine l’autore del delitto è arrivato a predisporre la simulazione dell’evento in rappresentazione  “suicidiaria”, con una determinazione davvero particolarmente intensa, e che per altro gli ha fruttato l’impunità per oltre 7 mesi, in cui non solo è rimasto in libertà, ma ha persino potuto rimanere con le due figlie minori.

“È importante la presenza dei Centri antiviolenza nelle aule dei tribunali e D.i.Re – Donne in Rete contro la violenza vuole dare il suo supporto alle attiviste del territorio e ai familiari della donna uccisa” – dichiara la presidente di D.i.Re, Antonella Veltri. “Compito dell’Associazione è trasmettere vicinanza, solidarietà e forza a chi cerca giustizia, in momenti così difficili. Cercare la verità, superando gli stereotipi e guardando alle donne come soggetti a cui viene impedita una vita libera, potrà aiutare gli addetti ai lavori a non incorrere in quella che ancora oggi è una situazione frequente nei casi di violenza e femminicidio: la vittimizzazione secondaria.” conclude Veltri.

Siamo qui come parte civile perché il femminicidio non è un fatto isolato, o un fatto di cronaca, ma l’esito più cruento di una cultura che ancora non riconosce la libertà delle donne. Pensiamo sia importante la parola dei Centri antiviolenza anche per dare una nuova narrazione al fenomeno slegata dalla cronaca e dalla morbosità dell’atto violento e perché quando una donna viene uccisa vengono colpite tutte le donne e vorremmo che tutta la comunità si interrogasse su come invertire la cultura maschilista” dichiara Mariangela Zanni, presidente del Centro Veneto Progetti Donna e consigliera D.i.Re.

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