D.i.Re aderisce all’appello delle donne per il ritiro del Ddl Pillon

D.i.Re aderisce al nuovo appello lanciato dalle associazioni di donne per chiedere il ritiro del Ddl Pillon, la cui redazione è stata curata da uno dei centri antiviolenza della rete D.i.Re, Differenza donna, e torna a sottolineare l’importanza di intendere tale appello come supporto alla petizione su Change.org lanciata da D.i.Re, che ha superato le 151.000 firme, e questo perché la petizione rappresenta il sostegno “popolare” alla richiesta stessa delle associazioni contenuta in questo appello. Far crescere ancora in maniera significativa le firme a tale appello è assolutamente necessario per confermare anche con i numeri la richiesta di ritiro.

Ogni sforzo volto a conseguire l’obiettivo politico del ritiro del Ddl Pillon e di tutti gli altri disegni di legge collegati deve essere perseguito, in vista della fine delle audizioni e considerato l’orientamento della maggioranza a portare in aula un testo emendato da approvare senza ulteriore discussione né possibilità di modifica.

Qui di seguito il testo dell’appello.

Il disegno di legge Pillon e correlati sono inemendabili e le donne ne chiedono l’immediato ritiro

Il disegno di legge Pillon è tassello di un progetto politico di ridefinizione dei rapporti sociali in chiave illiberale e sessista.
La visione sottesa alle norme proposte è espressione di una politica del diritto volta a ristabilire il controllo pubblico sui rapporti familiari attraverso interventi autoritativi e disciplinari, con una compressione esponenziale dell’autonomia personale dei/delle singoli/e, per favorire i soggetti più forti economicamente della famiglia (i padri) a scapito dei figli e delle figlie, che si vedono deprivati anche del diritto a crescere nella casa familiare.

Si mira a restaurare il regime di genere all’interno della famiglia e della società, respingendo di nuovo le donne in una posizione di subordinazione al potere maschile.

La spartizione “paritetica” tra i genitori dei/lle figli/e è funzionale proprio a questi obiettivi: sottrarsi al pagamento dell’assegno di mantenimento per i figli e ripristinare una genitorialità intesa come esercizio di potere e controllo sui figli e sulle donne.

Il disegno di legge Pillon, infatti, introduce disposizioni finalizzate a occultare la violenza domestica, sabotando l’efficacia di tutti gli strumenti di prevenzione e protezione ottenuti negli ultimi trent’anni di impegno politico delle donne.
Si propone, infatti, la codificazione dell’alienazione parentale, nonostante per la comunità scientifica e gli organismi internazionali di tutela dei diritti umani costituisca una vera e propria truffa (CEDAW Committee, 2017).

La previsione della sospensione e la decadenza della responsabilità genitoriale in caso di accuse non accertate giudizialmente è una minaccia rivolta alle donne fondata sul pregiudizio infondato (si veda la relazione della Commissione di inchiesta sul  femminicidio, 2018) che le donne denuncino falsamente maltrattamenti e altre forme di violenze nelle relazioni intime per trarne vantaggio nei procedimenti in tema di  separazione e affidamento dei minori.
Non intendiamo essere obbligate a fare mediazione con il partner dal quale ci vogliamo separare, non accettiamo la burocratizzazione della genitorialità.

L’imposizione della mediazione familiare, prevista come condizione di procedibilità per istaurare il procedimento di separazione, divorzio o regolamentazione dell’affidamento, costituisce una contraddizione logico-giuridica insanabile ed è un condizionamento autoritario delle scelte individuali in violazione delle garanzie costituzionali in tema di libertà personale e uguaglianza e anche nelle relazioni familiari.

Ciò rappresenta una violazione della nostra Costituzione, nonché una violazione degli obblighi internazionali in materia di prevenzione della violenza di genere e domestica: in questi casi, infatti, la Convenzione di Istanbul vieta la mediazione e impone di tutelare la sicurezza delle madri e dei figli e delle figlie nel corso degli incontri genitoriali.

Oltre ai mediatori, il disegno di legge Pillon introduce i coordinatori genitoriali, interponendo tra l’autorità giudiziaria e i genitori nella organizzazione della vita familiare soggetti terzi a pagamento, proponendo la visione di una genitorialità burocratizzata, concepita e gestita da figure “esperte”, che si insinuano nella vita delle persone, e restauratrice di quell’ordine del padre consono al pensiero dominante.

Il grande assente nei disegni di legge in discussione è il benessere psicofisico dei/delle figli/e: i bambini e le bambine sono infatti destinati a rimanere imbrigliati in logiche di dominio, controllo e prevaricazione che impediranno a loro e alle madri una dimensione esistenziale libera e dignitosa.
Non consentiamo che la violenza maschile continui ad essere occultata, non consentiamo che le leggi perpetuino miti e pregiudizi sessisti.

Non accettiamo la politica di discriminazioni: l’impatto dell’impianto normativo all’esame del Senato sarà ancor più grave per le donne straniere, già esposte nei procedimenti sulla responsabilità genitoriale, di separazione e affidamento a gravi discriminazioni, con capacità difensiva fortemente compromessa dall’assenza di interpreti e mediatori culturali sia durante l’iter giudiziario sia nel corso degli interventi di servizi sociali, case famiglia e consulenti tecnici.

Il disegno di legge Pillon e correlati sono inemendabili e ne chiediamo l’immediato ritiro.

Prime firmatarie

  • Differenza Donna ONG
  • Casa Internazionale delle donne di Roma
  • U.D.I.
  • REBEL NETWORK

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