Credevo che il femminismo riguardasse la generazione di mia madre.
Credevo che le donne non avessero più grandi battaglie da combattere, per lo meno nella nostra parte di mondo.
Credevo che la violenza sulle donne fosse qualcosa di distante da me.
“Capita solo a chi se le cerca”
“Se non lo lascia le piace così”
Credevo, e invece non sapevo niente. Poi ho incontrato me.dea.
Un incontro fortuito, ma divenuto subito amore.
Un mondo mi si è aperto dinnanzi, ascoltando le operatrici, oggi colleghe, raccontare le dinamiche della violenza, i dati, il sottostrato culturale che ancora tende a celarla e stereotiparla.
È stato doloroso rendersi conto di quanti pezzi mancavano nel mio bagaglio culturale, sociale e politico, ma utilissimo perché quell’incontro ha, di fatto, cambiato la mia visione del mondo.
Mi ha aperto gli occhi.
Sono passati 4 anni e da allora non ho mai smesso, insieme a un esercito di donne fantastiche sparse per l’Italia e nel mondo, di lavorare per la libertà e l’autodeterminazione delle donne.
Questo significa impegnarsi nel Centro Antiviolenza, ma non solo. Significa far valere il punto di vista delle donne nella vita di tutti giorni, in famiglia, con gli amici durante le discussioni che la cronaca accende, tra gli estranei con cui ci imbattiamo nello svolgimento delle più banali attività del quotidiano. È un modo diverso di pensare alla donna e al suo essere in relazione con la società. Ed è qualcosa di straordinariamente contagioso.
me.dea ha iniziato il contagio qualche tempo prima, nel 2008, e in questi anni di attività ha accolto e supportato centinaia di donne della provincia di Alessandria, parlato con migliaia di giovani e adulti per sensibilizzarli, partecipato a decine di tavoli per proporre alla politica possibili soluzioni.
Oggi ci stiamo buttando in una nuova avventura, che ci riempie di orgoglio: l’apertura di una casa rifugio, con tre appartamenti in grado di ospitare altrettanti nuclei di donne.
È la prima realtà di questo tipo a nascere sul territorio alessandrino.
190 comuni, una popolazione di 430 mila abitanti e nessun luogo dedicato alle donne che fuggono da uomini violenti.
È un segnalo forte che diamo alla società e alle istituzioni locali.
L’abbiamo chiamata “Casa Aurora” perché vogliamo sia un nuovo inizio per le donne, un nido accogliente che ricordi loro che il buio può finire e il sole tornare a sorgere e illuminare una vita finalmente libera dalla violenza.