“La condanna a Genovese, accusato di violenza sessuale ai danni di una donna, restituisce il senso della nostra costituzione di parte. Ci auguriamo che sentenze del genere possano rappresentare tappe di un percorso di consapevolezza e di cambiamento strutturale, di cui la giurisprudenza possa fare tesoro. Abbiamo deciso di costituirci Parte civile in questo processo di violenza sessuale, perché crediamo sia importante essere presenti nelle aule dei Tribunali, per restituire vicinanza, solidarietà, presenza alle donne che intraprendono il percorso difficile con la giustizia e anche per evitare eventuali forme di vittimizzazione secondaria: ancora troppo spesso le donne subiscono una violenza ulteriore proprio nei luoghi preposti a restituire loro giustizia, a risarcire il danno subìto” dichiara Antonella Veltri, Presidente D.i.Re – Donne in Rete contro la violenza. “Sono ancora poche quelle che chiedono giustizia dopo la violenza che subiscono; tante, invece, quelle che si rivolgono a un Centro antiviolenza della nostra Rete” continua Veltri. “Restituire fiducia alle donne significa cambiare la cultura anche nelle aule dei tribunali, dove ancora manca la formazione adeguata: pregiudizi e stereotipi abitano ancora oggi i luoghi della giustizia.” conclude Veltri
“Non è la pena nella sua entità che ci interessa perché non è quello che interessa alle donne, esprimiamo invece soddisfazione per la sentenza perché rappresenta il riconoscimento della verità raccontata dalle donne, il riconoscimento della violenza contro di loro e della fatica per uscirne, anche attraverso il percorso giudiziario” afferma Francesca Garisto, avvocata penalista della Rete Avvocate D.i.Re. “Questa sentenza non rappresenta solo la condanna di un uomo ma di un sistema e di una cultura che ancora consente l’uso indiscriminato dei corpi delle donne privati dell’anima. Attendiamo le motivazioni della sentenza nella speranza che rappresenti un precedente virtuoso per la giurisprudenza” conclude Garisto.