“I matrimoni forzati sono una delle forme della violenza contro le donne riconosciute dalle Nazioni Unite, oggetto di campagne di prevenzione da decenni, che conferma ancora una volta quanto la violenza di genere sia un fenomeno strutturale nelle società modellate dalla cultura patriarcale. È stato il movimento delle donne a mettere in crisi questo modello, affermando i diritti delle donne come diritti umani e chiedendo a gran voce la fine delle pratiche che li violano”.
Ad affermarlo Antonella Veltri, presidente di D.i.Re, che esprime “la profonda amarezza di noi tutte per quello che sta emergendo rispetto alla sparizione di Saman Abbas”.
I centri antiviolenza della rete D.i.Re accolgono donne di origine straniera in fuga da matrimoni forzati e sanno quanta forza ci vuole per sottrarsi al controllo della famiglia, sanno che scegliere per sé può significare l’interruzione dei rapporti con la propria famiglia, essere stigmatizzate e perseguitate come traditrici dall’intera comunità.
“La storia del movimento delle donne dimostra come le norme sociali e culturali possono essere cambiate attraverso l’impegno di istituzioni e società civile, basti pensare all’abolizione del matrimonio riparatore in Italia o alla Convenzione di Istanbul, risultato di una sinergia importante tra attiviste a istituzioni”, ricorda Veltri.
“Occorrono progetti mirati che mettano al centro i diritti delle donne, di tutte le donne, e costruiscano un dialogo con le comunità di origine straniera presenti in Italia per promuovere un cambiamento che argini la tendenza a imporre tra le mura domestica, spesso esacerbandolo, il controllo patriarcale e crei le condizioni per l’emersione del fenomeno”, prosegue Veltri
“Anche in questo caso, come ripetiamo sempre, alla violenza maschile contro le donne va data una risposta di sistema, perché deve essere chiaro a una ragazza che decide di sottrarsi a un matrimonio forzato a chi rivolgersi e che tipo di sostegno riceverà”, conclude la presidente di D.i.Re. “I centri antiviolenza non devono essere solo supporti di emergenza: il sapere intorno alla violenza costruito in oltre trent’anni dalle operatrici e la metodologia di lavoro basata sulla relazione tra donne sono risorse imprescindibili per affrontare la violenza mettendo al centro le donne e i loro desideri”.