D.i.Re – Donne in Rete contro la violenza aderisce alla manifestazione nazionale promossa dal movimento femminista e transfemminista Non Una DI Meno, prevista per sabato 26 novembre a Roma.
La Rete nazionale antiviolenza sarà in piazza per ribadire la necessità di una mobilitazione generale, soprattutto in un momento storico di particolare gravità: la situazione economica, sociale, ambientale legata alla guerra e al cambiamento del quadro politico è per D.i.Re – Donne in Rete contro la violenza – preoccupante. Già dalle prime scelte del governo si possono intravedere le minacce al movimento delle donne e agli spazi di autodeterminazione e libertà, in particolare per quelle che stanno lottando per uscire da situazioni di violenza e incontrano difficoltà e ostacoli sempre crescenti.
Nel suo intervento in occasione del 25 novembre, la presidente Meloni non ha accennato alla vita delle donne che ogni giorno sono in situazioni di maltrattamento e violenza in Italia, se non per riferirsi a quelle di origine straniera, o maltrattate da uomini con credenze religiose repressive.
“Mi preme ricordare alla presidente Meloni, che il 77% delle donne accolte dai Centri antiviolenza che appartengono a D.i.Re è di origine italiana e che quasi l’80% dei maltrattanti è italiano” dichiara Antonella Veltri, presidente D.i.Re – Donne in Rete contro la violenza. “Evitare di parlare della violenza per quello che realmente è accredita – ancora di più di quanto già non sia – la certezza che la violenza maschile contro le donne non ci riguardi, sia lontana da noi. Non è più giustificabile l’equivoco” – continua Veltri – “la violenza contro le donne è studiata, riconosciuta, purtroppo esistente anche nelle nostre case, alle nostre latitudini, a vari livelli. Auspichiamo che questo governo agisca di conseguenza” conclude la presidente Veltri.
Ciò con cui i Centri antiviolenza devono quotidianamente fari i conti non è solo la scarsità di risorse pubbliche destinate alle attività, ma è soprattutto l’attacco all’ autonomia e il tentativo di far progressivamente sparire i connotati politici femministi dei Centri Antiviolenza, costringendoli in una cornice di mero servizio, il più possibile omologati ai servizi sociali esistenti, dando credito e peso ai tanti “Centri antiviolenza” nati ultimamente al dichiarato esclusivo scopo di “aiutare le vittime”, ma privi di qualsiasi attenzione verso il cambiamento della società violenta e misogina in cui viviamo.
Ecco perché, ancora, è fondamentale essere in piazza.