Nei centri antiviolenza della rete D.i.Re da anni si sperimentano strategie di lavoro con i/le minori che sono mirate con l’allontanamento dal contesto violento ed il recupero della relazione con la madre, oltre che alla cura e alla riparazione del trauma, anche all’interruzione della catena trans- generazionale della violenza. L’esperienza dei centri antiviolenza (nell’anno 2015 le case rifugio della rete D.i.Re. hanno avuto 1.303 ospiti donne con figli di cui 665 bambini) ha dimostrato che intervenire pensando che la violenza e la relazione madre-bambino/a siano “distinte”, comporta sempre un ulteriore danno sia alla madre che ai/alle minori, mentre la misura da prendere è interrompere la violenza cui il bambino assiste garantendo una concreta esperienza di un’area di protezione nel rapporto quotidiano con la madre.
La metodologia lungamente utilizzata nei nostri centri consente di aiutare i/le bambini/e a ritrovare la propria dimensione; a sperimentare condotte alternative al comportamento violento; ad interagire con modelli femminili e maschili non stereotipati, ma flessibili; ad essere autonomi; a modificare l’atteggiamento protettivo nei confronti della madre; a ricostruire un’immagine materna autorevole; ad esprimere tutti i sentimenti legati alla rabbia ed emozioni nascoste dalla paura eliminando il senso di colpa e di vergogna; a sviluppare la fiducia in se stessi e nel mondo.
Simultaneamente tale metodologia consente di aiutare la donna a rivedere ed elaborare la sua storia di violenza, a proteggersi nel lungo percorso di allontanamento dalla violenza, a ricredere in se stessa come donna e come madre, a riflettere sul modo in cui la violenza ha interferito nelle sue capacità materne, a smontare i sensi di colpa e a recuperare la propria autorevolezza di fronte ai/alle figli/e. Infine struttura la possibilità per la madre e i/le figli/e di riconoscere, elaborare e depotenziare quegli elementi che partendo da interazioni quotidiane fungono nell’una e negli altri da ri-attivatori post traumatici, elementi che se non depotenziati perpetuano gli effetti della violenza subita inficiando il riemergere delle capacità genitoriali presenti.
Quando il nucleo madre/figli si allontana dalla violenza ed è in un ambiente sereno, i cambiamenti comportamentali dei/delle minori possono essere veloci ma il percorso interno di superamento delle conseguenze della violenza non è breve. Molte donne e bambini necessitano di sostegni prolungati e privi delle interferenze operative generate spesso da dispositivi incongruenti e scarsamente condivisi dalla rete dei servizi competenti per l’incapacità di tanti di leggere la violenza di genere. Adottare un linguaggio comune, una prospettiva, linee operative e procedure condivise tra i diversi operatori/operatrici sociali, sanitari e in particolare di giustizia, è risultata, nella nostra esperienza, una modalità di lavoro efficace, la sola in grado di garantire una buona valutazione e cura” dei legami e della relazione madre-bambino/a.
Obiettivi della ricerca
1) Dare maggiore visibilità al fenomeno della violenza assistita attraverso l’analisi di dati qualitativi e quantitativi forniti dai Centri.
2) Promuovere uno spazio di discussione pubblico intorno al tema della violenza assistita che a partire dalla diffusione dei risultati della ricerca, degli strumenti di lavoro standardizzati, possa generare confronto, incremento generalizzato delle competenze, cambiamenti significativi nelle politiche pubbliche di intervento sui/sulle minori.
Azioni previste e obiettivi
1) Somministrazione questionario semi strutturato rivolto a tutta la rete DiRe
Fotografia dell’esistente: rilevazione dati quantitativi e qualitativi.
2) Intervista in profondità con le referenti dei centri DiRe che gestiscono case rifugio.
Riflessione su metodologia di lavoro, caratteristiche e criticità del lavoro in rete (servizi sociali e sanitari, tribunali, scuole etc), far emergere l’esperienza dei centri
3) Focus group:
Elaborazione di modelli di intervento virtuosi da esportare e condividere sul territorio nazionale (anche laddove i centri non gestiscano case rifugio).