“Per le donne che hanno subito violenza alcuni articoli della riforma del processo penale, di cui si sta discutendo in queste ore, rappresentano un ulteriore rischio di vittimizzazione secondaria, aumentano le scappatoie giudiziarie per gli autori delle violenze e eliminano la possibilità che, attraverso la costituzione di parte civile, i centri antiviolenza possano contribuire al riconoscimento del danno collettivo costituito dalla violenza maschile contro le donne”.

Così Antonella Veltri, presidente di D.i.Re, interviene sul Ddl 2435 di riforma del processo penale e le proposte di modifica dello stesso elaborate dalla Commissione Lattanzi.

In una lettera inviata da D.i.Re alla ministra della Giustizia Marta Cartabia, alla Senatrice Valeria Valente, presidente della Commissione femminicidio, e alle deputate Lucia Annibali, Stefania Ascari ed Emanuela Rossini, “abbiamo illustrato le ragioni di una valutazione decisamente critica di alcune delle modifiche proposte”, spiega la referente del Gruppo avvocate di D.i.Re Elena Biaggioni, “e chiesto la correzione urgente degli articoli che, se approvati come proposti, avrebbero pesanti ricadute sul riconoscimento e l’accertamento giudiziale della violenza maschile contro le donne, sui percorsi di uscita dalla violenza delle donne e in generale sul quadro di contrasto alla violenza in Italia, anche rispetto agli impegni assunti a livello internazionale”.

Particolare allarme – si legge nella lettera – genera l’art. 8 relativo alle ‘Condizioni di procedibilità’ laddove ai punti e) ed f) si propone di rivedere ‘i casi di irretrattabilità della querela’ – ovvero le fattispecie di reato per cui non è prevista attualmente dal codice penale la possibilità che la denuncia venga ritrattata o ritirata – in relazione alle esigenze della giustizia riparativa e l’estensione dell’ipotesi di estinzione del reato per condotte riparatorie ‘ai casi di procedibilità a querela non soggetta a remissione’.

“Ci preoccupa molto il fatto che non si dica chiaramente che l’art. 8 del Ddl 2435 si riferisce esclusivamente ai soli casi in cui è previsto dal nostro codice penale che la querela non possa essere ritirata, ovvero la violenza sessuale (artt. 609 bis e ter c.p.) e gli atti persecutori aggravati (art. 612 bis co. 2 c.p.), una particolare ipotesi di stalking”, spiega Biaggioni.

“Invece la Convenzione di Istanbul, il Comitato CEDAW e anche la Special Rapporteur delle Nazioni Unite sulla violenza contro le donne chiedono addirittura che la violenza sessuale sia procedibile d’ufficio e non a querela di parte”, aggiunge Biaggioni.

Inoltre “la modifica proposta permetterebbe l’estinzione di reati particolarmente gravi, quali appunto la violenza sessuale, in seguito a condotte riparatorie, cioè a un risarcimento in denaro”, aggiunge Biaggioni.

“Questo significa di fatto che lo Stato si sottrae alla responsabilità di perseguire i colpevoli, espressamente prevista dalla Convenzione di Istanbul, mentre verrà esercitata una enorme pressione sulle vittime affinché accettino un risarcimento in cambio dell’estinzione completa del reato, per accelerare la chiusura del processo, cosa che naturalmente le donne desiderano visto l’altissimo rischio di vittimizzazione secondaria”, spiega l’avvocata Biaggioni.

“Altrettanto critica è la previsione, seppure in astratto, della possibilità di messa alla prova per reati quali i maltrattamenti e gli atti persecutori, cioè per la violenza nelle relazioni di intimità”, aggiunge Biaggioni.

“Si sta depotenziando il quadro normativo costruito in anni di lotte dei centri antiviolenza”, afferma Antonella Veltri, “senza alcuna considerazione del fatto che, a essere penalizzate, saranno donne e ragazze la cui vita è già stata devastata della violenza, le prime a chiedere un processo rapido ed efficiente”.

La vittimizzazione secondaria questa volta comincia in Parlamento”, conclude la presidente di D.i.Re.

L’analisi dettagliata del Ddl 2435 e delle proposte della Commissione Lattanti da parte delle avvocate di D.i.Re è disponibile qui.