L’Italia attui le raccomandazioni del GREVIO su violenza e affidamento di figli/e

I tribunali italiani non sempre riconoscono la violenza maschile contro le donne come una grave violazione dei diritti umani. Nelle sentenze la violenza viene narrata in maniera mitigata o distorta, spesso confusa con il conflitto o come una reazione dell’uomo a una provocazione della vittima che viene ritenuta corresponsabile della violenza.

A dirlo è il GREVIO, Gruppo di esperte sulla violenza del Consiglio d’Europa, e recentemente anche il Comitato del Consiglio dei Ministri d’Europa che nella procedura di verifica sul sistema antiviolenza italiano, seguito alla condanna della Corte di Strasburgo per il caso Talpis, ha giudicato l’Italia inadempiente e incapace di garantire l’accesso alla giustizia per le vittime di femminicidio.

Con un nuovo video disponibile sui social la campagna Violenza sulle donne. In che Stato siamo?  di D.i.Re – Donne in rete contro la violenza evidenzia come la violenza subita dalle donne non venga riconosciuta – nemmeno di fronte alla condanna penale dei maltrattanti – e dove contro di loro continuano a essere usati, nelle consulenze tecniche d’ufficio (CTU) disposte dai giudici, concetti correlati alla “alienazione parentale” (PAS, sindrome da alienazione parentale nell’acronimo inglese) quando i figli si rifiutano di continuare a incontrare il padre maltrattante.

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La violenza non distingue tra tribunali civili e penali. La violenza è violenza, sempre, anche quando le donne scelgono semplicemente di separarsi dal maltrattante per riprendere in mano la propria vita”, afferma Antonella Veltri, presidente di D.i.Re.Le avvocate dei centri antiviolenza D.i.Re continuano ad assistere donne che hanno subito violenza e che ora lottano in sede civile per veder riconosciuti i loro diritti di madri, opponendosi a relazioni delle CTU che svalutano la loro capacità genitoriale e le accusano di manipolare i/le figli/e contro il padre.Il GREVIO – nel suo Rapporto pubblicato lo scorso gennaio – ha fatto raccomandazioni precise in merito alle istituzioni della giustizia civile, in particolare:

  • indagare debitamente qualsiasi denuncia di violenza, migliorando la cooperazione con i tribunali penali e qualsiasi organismo pertinente, tra cui le forze dell’ordine, le autorità sanitarie e dell’istruzione e i centri antiviolenza;
  • inserire procedure di valutazione del rischio quando si determinano i diritti di custodia e di visita per stabilire quale sia l’interesse superiore del/la figlio/a;
  • garantire che gli/le esperti/e chiamati/e a svolgere CTU conoscano la problematica della violenza contro le donne e le disposizioni della Convenzione di Istanbul;
  • vietare l’uso dei concetti correlati alla “alienazione parentale” e qualsiasi altro approccio o principio che tenda a considerare le madri che si appellano alla violenza come “non cooperative” e “inadatte” come genitrici, e a incolparle del cattivo rapporto tra il genitore violento e i/le figli/e;
  • smettere di imporre l’obbligo di partecipare a incontri congiunti con l’autore della violenza alle donne e ai loro figli/e allo scopo di raggiungere un accordo sulla custodia e la visita, il che equivale a una mediazione obbligatoria, vietata dalla Convenzione di Istanbul.

“Il governo deve impegnarsi per attuare le raccomandazioni del GREVIO e mettere fine alla continua rivittimizzazione delle donne nei tribunali civili, un dramma che è sotto gli occhi di tutti”, conclude Veltri. “Non bisogna mettere in dubbio la parola delle donne che denunciano”.